È scomparso mercoledì, all’età di 92 anni, Palmiro Fongher campione della voga, re del remo e vincitore della Regata Storica per ben 12 volte. Domenica in Canal Grande i gondolini della Storica saranno listati a lutto, mentre il funerale sarà celebrato lunedì nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo alle ore 9.
Sulla vita di Palmiro Fongher è stato pubblicato di recente il libro “Nato in barca. Palmiro Fongher campione del remo” (Cierre edizioni 2024), scritto dal giornalista Silvio Testa. L’intervista all’autore è stata pubblicata da Gente Veneta lo scorso 26 luglio. Ne pubblichiamo qui un estratto.
Negli anni Trenta del Novecento, Palmiro Fongher, un bambino avviato a diventare pescatore di Pellestrina, sognava il palcoscenico delle regate in Canal Grande. Lo calcherà per 39 anni, diventando uno dei più grandi e amati campioni cittadini. Con la sua storia emergono mondi scomparsi: il duro lavoro in laguna prima dei motori e la quotidianità negli ospedali psichiatrici, dove lavorò.
Un libro intervista, scritto da Silvio Testa, per tanti anni cronista di punta del Gazzettino, dal titolo “Nato in barca. Palmiro Fongher campione del remo” (Cierre edizioni 2024), racconta di più su questo straordinario personaggio e sulla sua incredibile vita. Al centro il remo, strumento di fatiche inimmaginabili che, grazie alle gare, diventa strumento di riscatto sociale.
Quando ha conosciuto Palmiro Fongher?
Nell’autunno del 1974 mi stavo preparando con un amico, Lorenzo Zanotto, oggi purtroppo scomparso, per una regata su pupparini a due remi che si sarebbe svolta a novembre, nel giorno di San Martino, e dalla quale poi sarebbe nata la Vogalonga. Diversi apprendisti regatanti chiedevano consigli a Palmiro e dunque anche noi, saputolo, andammo con la barca all’ospedale psichiatrico, dove Palmiro lavorava, per chiedergli qualche dritta su come sistemare le forcole. Lui fu disponibilissimo e da lì nacque un bel rapporto tanto che l’anno dopo, nella seconda regata di San Martino, questa volta su caorline a sei remi, in barca con me vogò anche suo figlio Lino, giovanissimo.
Cosa l’ha spinta a scrivere un libro su Palmiro Fongher e cosa l’ha colpita di più della sua personalità?
All’inizio è stato Palmiro a chiedermi di scrivere la sua biografia, ma per diversi anni non c’è stato modo di farlo perché io ero sempre impegnato in altri progetti. Poi l’ultima volta, sollecitato da Maria Smerghetto, quasi una figlia per Palmiro, ho capito che non potevo frustrare ancora il suo desiderio. Così ci siamo messi a tavolino, un giorno a settimana, lui a raccontare e poi io a scrivere, e mi sono pentito di non averlo fatto prima. Lui è un affabulatore e dalla sua voce sono usciti mondi sconosciuti ai più: quello della laguna prima della diffusione del motore, quello dell’ospedale psichiatrico dove Palmiro ha lavorato, quello infine delle regate, che in qualche modo conoscevo per aver vogato e per averlo raccontato per anni dalle pagine del Gazzettino. Ma visto dal di dentro, attraverso la sua storia, è davvero un’altra cosa.
Palmiro come ha iniziato a vogare? E le tappe più importanti dal 1939 al 2023?
Palmiro, isolano di Pellestrina, ha iniziato a lavorare a sei anni in seràgia nel 1939, col papà e con i fratelli. Si circondava con reti sorrette da pali infissi nel fango un ampio tratto di bassi fondali che poi emergevano con la bassa marea imprigionando i pesci: una pesca dura, che comportava dieci, undici giorni di vita in laguna, dormendo in barca, e che oggi non si pratica più per il dissesto morfologico della laguna. Tutto si faceva a remi, compreso il portare ogni giorno il pescato a Rialto, prima dell’alba; decine e decine di chilometri. Si affinavano la tecnica, la resistenza, il carattere, e all’epoca a Venezia i regatanti erano come i calciatori di oggi, gli idoli soprattutto dei giovani: come non provarci? E Palmiro ci provò, prima con Badàn, poi col fratello Bepi, col quale vinse nel 1957 la sua prima Regata Storica. In 39 anni di partecipazioni – un record – Palmiro ne ha vinte dodici. E come non ricordare le sette vittorie consecutive con Gianfranco Vianello Crea, dal 1977 al 1983, e soprattutto l’ultima, quella del 1988, con Ciaci, quando facevano 109 anni in due e sovvertirono le leggi della natura?
Come descrive Fongher i cambiamenti nella Regata Storica e della tradizione del remo veneziano?
Palmiro è molto critico verso le attuali generazioni dei regatanti: vede bei fisici, tanta preparazione ma poca tecnica e nessuna conoscenza della laguna. E per quel che conta sono d’accordo anch’io… E aggiunge che i regatanti odierni sono anche poco disposti ad ascoltare. Del resto, conclude, a non esistere più è quel mondo nel quale imparavi avendo per insegnanti la fame e il lavoro. E non si può pretendere che chi sceglie la voga come sport – come potrebbe scegliere lo sci o il tennis – possa imparare davvero, soprattutto se non ha maestri all’altezza (e ce ne sono tanti di improvvisati) o se, avendoli, ascolta poco, convinto di sapere tutto. Per converso, vede che è anche la città che sta abbandonando la voga: ai suoi tempi in Canal Grande i gondolini passavano a stento, tra due ali di folla traboccante, mentre ora il Canal Grande è praticamente vuoto tranne che tra Ca’ Foscari a Rialto.
Giuseppe Antonio Valletta