Cinesi 2.0, cioè la seconda generazione che innova la tradizione e si integra sempre più a Mestre. Perché, in una società sempre più multiculturale, il cibo è strumento di integrazione. E se lo si realizza e offre innovando – per esempio introducendo piatti nuovi e cambiando il look del locale classico – si va oltre le differenze e al di là delle diffidenze.
Mestre ne è l’esempio lampante, in quanto negli ultimi anni hanno aperto decine di locali etnici: fra loro c’è chi ripropone più o meno fedelmente la cucina del Paese d’origine e chi invece si adatta ai gusti e alla sensibilità di una clientela mestrina, italiana ed europea. Come in una sorta di viaggio gastronomico, abbiamo voluto approfondire la cucina cinese scoprendo proposte culinarie innovative e moderne, comunque lontane da facili stereotipi e cliché.
Tante regioni, diversi sapori. Il ristorante Zenzerino di via Mestrina 8, aperto da Paolo Lin e dalla compagna Li Zeng è stato inaugurato lo scorso ottobre. Paolo, nato in provincia di Torino da genitori emigrati dallo Zhejiang, è cresciuto mangiando cibo italiano: «I miei avevano un ristorante cinese “classico”: spaghetti di riso, involtini primavera, riso alla cantonese sono piatti che non esistono in Cina, almeno non così. La preparazione e la varietà delle materie prime è molto diversa». Zenzerino ha quindi deciso di spingersi oltre: «Un’attività come la nostra, in Cina, la si trova per strada nelle città del sud – racconta –. Il nostro menù è invece ispirato alla cucina del nord, più piccante e molto in voga tra i giovanissimi».
Il locale ha scelto inoltre un arredamento controcorrente: niente lanterne cinesi e tappezzerie rosse a richiamare la terra del dragone, ma decine di piante da appartamento e uno stile minimal e funzionale.
La novità: la pasticceria cinese. In via Torre Belfredo 43 ha aperto, circa due anni fa, OnecaKe, il primo laboratorio di pasticceria cinese a Mestre. Spiega Jessie Xiao, in Italia dall’età di quattro anni: «Le nostre preparazioni sono a base di uova, zucchero, farina e latte, il tutto ricoperto di panna. Usiamo la pasta di zucchero solo per le decorazioni». Niente a che vedere con il solito gelato fritto dell’All You Can Eat: qui il risultato è una vera e propria opera di cake design, che all’assaggio è soffice e leggera: «All’inizio la clientela era perlopiù cinese ma poi, con il passaparola, abbiamo convinto anche gli italiani».
Ma questi prodotti sono gli stessi che si trovano in Cina? «Sì e no – risponde Jessie –. La pasticceria tradizionale cinese è generalmente più elaborata e si basa sullo strutto; molti prodotti poi hanno la sfoglia. Noi siamo specializzate in torte ma prepariamo talvolta anche pasticcini».
Via Piave, fra bubble tea e pollo fritto. Il regno della cucina multietnica è comunque, indubbiamente, via Piave. Qui, a poca distanza l’uno dall’altro, si trovano il Tea Amo, negozio di bubble tea, e il Chicken Fly, che propone come specialità il pollo fritto. Racconta Mirko Hu, trentenne nato in Italia: «In Cina il bubble tea è una bevanda molto amata dalle nuove generazioni. È un po’ come il caffè per gli italiani, poiché ha una forte connotazione sociale».
Originario di Taiwan, il bubble tea altro non è che un infuso a base di tè nero o verde a cui vengono aggiunti aromi e dolcificanti come il miele e lo zucchero. Caratteristiche sono le palline di tapioca o di frutta, ma ne esistono tantissime varianti: c’è chi aromatizza il bubble tea con il latte, chi con cioccolato, vaniglia o caramello.
Il Chicken Fly, identificabile per l’insegna con un simpatico panda, è un fast food fusion, che incontra ingredienti e tradizioni diverse: «Le nostre proposte spaziano dal pollo fritto all’hamburger – dice Tony Ji, nato nella regione di Zhejiang ma da vent’anni in Italia –. Abbiamo anche tanti tipi di rice bowl (ciotola di riso, ndr)».
Una nuova generazione di ristoratori, mestrini ma con gli occhi a mandorla, sta quindi prendendo piede in città con l’auspicio di abbattere, un passo alla volta, diffidenza e pregiudizi.
Anna Maselli