Riuscite a immaginarvi come sarebbe vivere in un angolo remoto della terra? Isolati dal resto del mondo? Niente televisione. Niente giornali. Ignari degli accadimenti che sconvolgono l’attualità, se non per quelle poche e rare notizie che giungono con i viandanti? Niente strade asfaltate, solo sentieri contorti e il filo teso della teleferica su cui ogni giorno giungono i viveri, a connettervi con il resto dell’umanità?
A raccontarlo è Anna Mainardi, gestrice del Rifugio Fratelli De Gasperi, nel cuore della Val Pesarina, sulle Alpi Carniche, nominata nel 2023 dalla sezione del Club Alpino Italiano di Tolmezzo, che quest’anno festeggia il centocinquantesimo anniversario dalla sua fondazione. Rifugista con esperienza ventennale, originaria di Mestre e oggi residente a Mira, Mainardi lavora e vive per sei mesi all’anno a 1800 metri di altezza, in un rifugio raggiungibile solamente a piedi, di cui è la prima gestrice donna in un secolo di storia dalla sua nascita, nel lontano 1925. O per dirla con parole sue: «Per sei mesi all’anno seguo quella che per me è una vocazione: la montagna».
La montagna: quell’elemento ancora incontaminato che consente di entrare in piena armonia con la natura e il paesaggio circostante, e che Mainardi ha iniziato a frequentare vent’anni fa e non ha più abbandonato. «Prima lavoravo nel settore turistico, principalmente con grandi hotel a Venezia. Tutto un altro mondo rispetto ad un rifugio ad alta quota».
E lei ne ha visti tanti nella sua lunga esperienza come rifugista: sette anni al Rifugio Antelao, a Pieve di Cadore, quattro al Rifugio Dal Piaz, sulle vette Feltrine, cinque anni al Rifugio Cjampizzulon, sulle Alpi Carniche, e poi due anni all’Eremo dei Romiti del Monte Froppa, interrotti dalla pandemia, per giungere finalmente al Rifugio Fratelli De Gasperi. Un rifugio che ospita e accoglie escursionisti ma anche semplici appassionati della montagna e della natura incontaminata. «Vivere qui è semplicemente bellissimo, la natura è spettacolare», racconta Mainardi, che non sente la mancanza degli agi cittadini, ma solo quella della famiglia.
«Però in rifugio si crea sempre una dimensione familiare: isolati dal resto del mondo, tra i dipendenti si stringono forti legami di amicizia. E poi si è sempre in compagnia. Anche se le giornate sono intense, piene di faccende da sbrigare». Del resto, la vita in rifugio è impegnativa: sveglia la mattina molto presto, preparare le colazioni, sistemare le camere per eventuali arrivi, fare rifornimento di viveri nei giorni di sole perché la teleferica viene sospesa con il maltempo, preparare i pasti e disfare le camere; solo verso sera ci si può finalmente concedere un momento di riposo. «I dipendenti hanno un giorno libero alla settimana, i gestori invece fanno sette su sette», scherza Anna che, in realtà, pare molto felice di questo stile di vita alternativo. «Nei mesi invernali torno a casa e lavoro con una società di energie rinnovabili: quello è il mio vero lavoro. Il rifugio è piuttosto una grande passione e una scelta di vita. Che amo».
Teresa Facchinetti