di Marco Zane
Sarà una prima volta in molti sensi per questa edizione della Biennale. Il Santo Padre per la prima volta inaugurerà il padiglione della Santa Sede. Per la prima volta un padiglione sarà realizzato dentro un carcere; è anche la prima volta che delle detenute contribuiranno alla realizzazione delle installazioni e all’accoglienza dei visitatori. Insieme a tutto questo è anche la prima visita di Papa Francesco a Venezia che aprirà un piccolo trittico di incontri nel Triveneto: tappe successive a Verona il 18 maggio e il 7 luglio a Trieste.
Oggi è stato presentato a Roma, presso la Sala Stampa della Santa Sede, il Padiglione per la 60.ma Biennale d’Arte internazionale che sarà realizzato alla Giudecca dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione.
Nella giornata di domenica 28 aprile si svolgerà l’inaugurazione ad opera del Santo Padre del Padiglione che si unirà al grande incontro ecclesiale con la comunità del Patriarcato di Venezia nella Santa Messa in Piazza San Marco.
I due grandi poli di questa visita papale sono stati evidenziati giorni fa già dal Patriarca Francesco nel video-messaggio ai fedeli del Patriarcato in cui aveva annunciato la venuta in laguna del Santo Padre: «Viene messo così in evidenza il rapporto tra Carità e Cultura. Visitare i carcerati – aveva spiegato il Patriarca Francesco – è la seconda opera di misericordia corporale. Siamo grati al Signore per la presenza del Santo Padre». Il Patriarca Francesco dal febbraio del 2023 è anche membro del Dicastero per la Cultura e l’Educazione.
La scelta di continuare questo rapporto con Venezia e con la Biennale d’Arte indica «la volontà della Chiesa di consolidare un dialogo fecondo e ravvicinato con il mondo delle arti e della cultura», ha spiegato nella conferenza stampa il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede e commissario del Padiglione, che ha ringraziato poi il Patriarcato di Venezia per la continua collaborazione.
Il tema “Con i miei occhi” ha acceso sin da subito l’attenzione del Santo Padre: questa mattina il cardinale de Mendonça ha raccontato ai giornalisti come il Papa ha reagito alla descrizione del titolo dell’installazione: «Quando ho mostrato a Papa Francesco il progetto del padiglione della Santa Sede, per la prossima Biennale dell’arte di Venezia, mi ha risposto: ‘Andrò anche io con i miei occhi’». Il tema si sposa con il titolo generale di questa Biennale: “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere, a cura di Adriano Pedrosa”.
«Viviamo l’epoca del predominio del digitale – continuava il cardinale de Mendonça – e della comunicazione a distanza: un rapporto indiretto che genera distacco. Vedere “con i propri occhi” conferisce alla visione uno statuto unico perché ci coinvolge direttamente nella realtà e ci rende non spettatori ma testimoni. Questo accomuna l’esperienza religiosa con quella artistica, è una implicazione totale del soggetto».
I visitatori saranno immersi in un percorso che riguarderà il cortile della Casa Circondariale Femminile della Giudecca e l’antica chiesa dell’ex monastero che accoglie la struttura carceraria. Le detenute stanno collaborando nella realizzazione delle installazioni e saranno le protagoniste dell’accoglienza dei visitatori che in modo straordinario gestiranno insieme alla Polizia Penitenziaria, agli educatori e ai curatori del padiglione. Un lavoro che in questi mesi sta comportando un’opera di formazione e preparazione. L’accesso al padiglione sarà consentito su prenotazione e i visitatori dovranno lasciare all’ingresso, oltre al documento di identità, lo smartphone o altri strumenti di comunicazione digitale.
I visitatori saranno così costretti a guardare con i loro occhi.
Alla presentazione è intervenuto anche Giovanni Russo, capo dipartimento del Ministero della Giustizia per l’Amministrazione Penitenziaria in quanto partner istituzionale. Russo ha illustrato i contorni di questa collaborazione: «Il carcere è un luogo inaspettato dove l’attesa è un sentimento permanente». Il padiglione sarà una nuova forma di rieducazione in linea con la disciplina della Costituzione Italiana: «Vogliamo trasformare l’attesa in una vita diversa e attiva, chiamare per questo progetto le detenute a “vedere con i loro occhi” e a partecipare in prima persona».
Russo ha illustrato anche come sono state scelte le detenute: «Nel nostro sistema per i detenuti sono sempre presenti dei benefici penitenziari per che autenticamente partecipa ad un cammino rieducativo. La partecipazione a questa proposta finalizzata a vedere con rinnovata consapevolezza la realtà si fonda sul fatto che anche nell’ambito penitenziario ci si può ricostruire. La selezione delle persone da coinvolgere è avvenuta insieme alle detenute, è una partecipazione volontaria, ma c’è stata una grande adesione, alcune esclusioni sono o per ragioni sanitarie o per sicurezza. Sono ottanta le detenute coinvolte, modulando la partecipazione secondo le diverse possibilità e sensibilità».
Perché proprio in un carcere? Il cardinale prefetto del Dicastero per la Cultura ha spiegato questa mattina anche le ragioni che hanno portato alla scelta del Carcere della Giudecca. Anzitutto una esigenza pratica: la Santa Sede non ha un padiglione proprio alla Biennale, ma sempre si è spostata in diverse realtà sia per l’esposizione d’arte che per quella di architettura. Ma il punto di partenza è stato il discorso del Papa agli artisti: il 23 giugno dello scorso anno, in occasione del 50.mo anniversario dell’esposizione di arte contemporanea nei Musei Vaticani, il Papa ha esortato coloro che operano nel mondo della cultura a «essere veggenti, sentinelle, coscienze critiche, vi sento alleati per tante cose che mi stanno a cuore, come la difesa della vita umana, la giustizia sociale, gli ultimi, la cura della casa comune, il sentirci tutti fratelli. Mi sta a cuore l’umanità dell’umanità, la dimensione umana dell’umanità. Perché è anche la grande passione di Dio. Una delle cose che avvicinano l’arte alla fede è il fatto di disturbare un po’. L’arte e la fede non possono lasciare le cose come stanno: le cambiano, le trasformano, le convertono, le muovono. L’arte non può mai essere un anestetico; dà pace, ma non addormenta le coscienze, le tiene sveglie. Spesso voi artisti provate a sondare anche gli inferi della condizione umana, gli abissi, le parti oscure. Noi non siamo solo luce, e voi ce lo ricordate; ma c’è bisogno di gettare la luce della speranza nelle tenebre dell’umano, dell’individualismo e dell’indifferenza. Aiutateci a intravedere la luce, la bellezza che salva».
Così il padiglione della Santa Sede consentirà di far parlare gli ultimi e dar voce alla sofferenza delle detenute.
Curatori dell’iniziativa sono Bruno Racine e Chiara Parisi. Racine è noto a Venezia per essere il direttore di Palazzo Grassi e di Punta della Dogana ed ha definito la scelta dell’antico Monastero delle Convertite, ora carcere femminile, una sede «adeguata, per la sua storia, ad accogliere questo padiglione».
I curatori hanno coinvolto figure di spicco del panorama internazionale dell’arte contemporanea per un insieme corale di più installazioni che accoglieranno e accompagneranno i visitatori ad assumere uno sguardo diverso sulla realtà “con i loro occhi”. Tra le persone coinvolte vi sono grandi artisti del panorama dell’arte contemporanea mondiale: Maurizio Cattelan, Bintou Dembélé, Simone Fattal, Claire Fontaine, Sonia, Gomes, Corita Kent, Marco Perego & Zoe Saldana, Claire Tabouret. Sarà accolta anche una produzione della defunta Corita Kent, non vivente, ma tranne questa eccezioni gli artisti saranno a Venezia per allestire le proprie opere. Alcune saranno realizzate a distanza e poi trasferite alla Giudecca, altre saranno realizzate in loco con la collaborazione diretta delle detenute.
Chiara Parisi ha commentato: «Gli artisti hanno moltiplicato la loro creatività grazie alla forza data loro dalle detenute».
Partner e sponsor principale del Padiglione è Banca Intesa Sanpaolo, rappresentata nella presentazione da Paolo Maria Vittorio Grandi.