Mestre, mercato San Michele, un banco del pesce in una giornata di normale lavoro. Ad una parete in una foto a colori, un po’ sbiadita per il tempo, tre giovani indaffarati nella preparazione dell’ultimo pescato davanti ad un banco, in una Venezia ancora a misura d’uomo con le sue piccole e grandi attività, i suoi negozi, i campi e soprattutto i suoi abitanti.
Incuriosita chiedo chi sono: «I nostri padri», rispondono Loris, Fabiano e Marco, testimoniando così un passaggio generazionale certamente riuscito, visto che – dicono – sono essi stessi prossimi a festeggiare 30 anni di attività insieme. E mentre preparano e sistemano il pesce in bella vista sul bancone, aggiungono: «La foto risale agli anni ’70 quando i nostri genitori, tutti di Burano, hanno iniziato a lavorare creando il Gruppo Rialto».
I giovani ritratti hanno un nome: Mario, Lino e Luigi detto “Gigio”. Era carnevale e due di loro, scherzosamente, curavano il pesce indossando una maschera.
Un tuffo nel passato, improvviso, alla scoperta di ciò che era, è inevitabile! E così, alcuni giorni dopo, l’incontro con Luigi, papà di Loris: «Quello era proprio un bel periodo», racconta: «Arrivava tanto pescato dalla Sicilia e anche dalla nostra laguna; l’estero allora rappresentava una piccola percentuale del totale del pesce. Veniva scaricato al Tronchetto al mercato ittico e noi, in un laboratorio attrezzato, preparavamo il pesce (il palombo, la razza…) che poi vendevamo al dettaglio dopo averlo consegnato anche bell’e pronto agli altri banchi a Rialto: eravamo i maestri di questa attività! E i nostri figli hanno imparato da noi! Allora – aggiunge – si mangiava tanto pesce. Forse c’era meno varietà rispetto ad oggi; la cucina della tradizione era più semplice: quanto pesce fritto con polenta si mangiava!».
Il lavoro era faticoso: arrivavano cassoni di pesce anche da 80 chilogrammi ciascuno; ora sono cassette da 5 o 10 chili».
Nonostante la fatica, però, Luigi confessa di essere sempre andato a lavorare con entusiasmo, anche con la febbre: non c’era pioggia, vento, freddo che lo potesse fermare (lui, poi – figlio di pescatori – sulla barca già all’età di sette anni). Gli piaceva poi il rapporto con le persone: «Eravamo sì più modesti, più semplici, ma uniti… e poi c’erano le fie…», che certo non passavano inosservate.
Ma se quello è il passato ancora ben nitido nei ricordi, il presente non è da meno e continua con Loris, Marco e Fabiano, tutti juventini, sostenitori del Venezia e della Reyer, che da giovanissimi iniziano con i papà a lavorare ed a imparare il mestiere per poi nel ’95 creare l’Ittica Mestrina.
La loro giornata piuttosto mattiniera è così articolata: arrivano al mercato ittico verso le 4.30, valutano che tipo di merce c’è e in quale quantità. Quindi attendono la sirena dell’apertura del mercato. Entrano e cominciano a comprare. I compiti sono ripartiti: Loris e Fabio procedono all’acquisto, consultandosi a vicenda, mentre Marco controlla le fatture, praticamente da sempre, da quando il padre, un giorno, gli aveva chiesto di dargli una mano con la contabilità. Verso le 6,30 arrivano a Mestre e insieme preparano il banco in attesa della clientela che negli anni, dicono, è cambiata. Oggi la vendita del pesce si è ridotta rispetto ad una volta, colpevoli anche i prezzi. Molto richieste la pulizia del pesce e la sua sfilettatura, a volte determinante per la vendita, ma anche qualche ricetta per realizzare un buon piatto, magari della tradizione veneziana.
Nella scelta influisce poi la tv che, con tanti programmi di cucina, indirizza spesso l’acquisto del consumatore finale, anche verso tipologie di pescato non sempre presente sul banco. L’attività di oggi è quindi cambiata rispetto al passato – in parte in meglio, in parte in peggio: non esistevano, allora, per fortuna i tanto famigerati granchi blu…
Ma se di cambiamento possiamo parlare, la familiarità e l’amicizia di un tempo continuano, non solo tra loro “figli”, ma anche con la clientela e con gli altri gestori dei banchi vicini con cui il sabato, dopo la chiusura, si organizzano, a volte, spuntini e qualche festeggiamento di compleanno… tutti insieme.
C’è da chiedersi se, un domani, questa “continuità generazionale” andrà avanti: chissà! Intanto, auguri per i 30 anni di attività e, traslando il tutto nel linguaggio matrimoniale, buone “nozze di perla” dove la perla simboleggia un rapporto raro, duraturo e felice. Ci sta: la definizione per loro cade a pennello.
Antonella Ruggieri