«Insultati da chi crede di avere in casa un figlio campione e non accetta un fischio contrario». Capita agli arbitri, anche giovanissimi, in campo per le partite di calcio di bambini e ragazzi. Sono anche loro agli esordi, ma vengono presi di mira da chi assiste sugli spalti. E qui non ci sono “ultras”, ci sono “solo” genitori.
«La cosa peggiore per noi arbitri sono gli insulti che, come fosse assoluta normalità, ti arrivano dal pubblico in tribuna. Le prime partite che vengono dirette da noi, quando siamo agli esordi, sono quasi sempre quelle del settore giovanile, spesso la domenica mattina: parliamo delle categorie, “esordienti”, “giovanissimi” e “juniores”. E l’aspetto che più mi ha colpito è che molto spesso sono i genitori dei giocatori in campo ad insultarti. Più dei giocatori stessi, che magari protestano per un fallo, ma poi restano concentrati sul gioco. Insultati da chi crede di avere in casa un figlio campione, e non accetta un fischio contrario. Non andrebbe bene come atteggiamento, ma questa purtroppo è diventata la normalità». A raccontarlo a GV è Giovanni Noghera del Lido di Venezia 21 anni, giovane arbitro di calcio della sezione di Venezia. «Io – prosegue – tutto sommato non ne soffro, perché quello che sento dire da fuori del campo mi entra da un orecchio e esce dall’altro. Ma ci sono anche amici che, una volta fatto il corso, dopo due partite in cui sono stati riempiti di insulti hanno detto stop e hanno lasciato l’attività».
Arbitro per passione. Va ricordato che quella del fischietto per loro è una passione, è l’altra faccia della medaglia dell’amore per il calcio. Non lo si fa per lucro, dato che chi arbitra una partita percepisce un rimborso spese che in media è di 35 euro. Giovanni, ad esempio, è uno studente universitario alla facoltà di Economia e Commercio dell’università Ca’ Foscari di Venezia e la passione per la direzione arbitrale è nata di recente. «Sono alla mia terza stagione – racconta – questa avventura è nata parlando con un mio amico, Leonardo Vianello, anche lui arbitro del Lido. Entrambi siamo appassionatissimi di calcio, ma non molto forti per giocarlo. Abbiamo saputo di un corso per diventare arbitri, ci abbiamo provato ed è andata bene. Dopo le partite di settore giovanile, quest’anno sono fisso nel campionato di Seconda categoria, ma ho fatto qualche presenza come assistente anche in una finale di Coppa Veneto di Terza categoria e poi anche in serie C femminile». Già essere arrivati, in sole tre stagioni, ad arbitrare in Seconda è un ottimo risultato. «Spero di proseguire in questa mia crescita personale – aggiunge Noghera – questo è un compito che ti porta a maturare, ad acquisire autostima e capacità decisionali, devi saper decidere in pochi istanti, anche rischiando di sbagliare. E anche attraverso gli errori si cresce come persone. Per questo se qualcuno avesse il desiderio di arbitrare, gli consiglierei di provare e lo inviterei a non mollare dopo le prime partite. Gli direi di stare concentrato sulla partita e non fare caso a quello che si sente in tribuna».
A Venezia 90 arbitri, di cui uno internazionale. Noghera ringrazia poi la sezione di Venezia dell’Associazione Italiana Arbitri, dal presidente Michele Gottardi a tutto lo staff. E proprio Gottardi, chiamato in causa, fa il punto della situazione veneziana: «Attualmente la sezione di Venezia conta su 90 arbitri in attività – spiega Gottardi – tra cui anche quattro ragazze. Personalmente faccio parte del mondo arbitrale da quasi cinquant’anni e devo dire che oggi il turnover è molto più forte rispetto al passato, gli arbitri smettono presto magari perché i ragazzi e le ragazze trovano lavoro. Ma c’è anche chi, dopo un po’ ritorna. Con questo avvicendamento riusciamo a far fronte a tutte le partite in programma. Il nostro territorio della provincia è suddiviso in cinque sezioni: la sezione di Mestre è circa il doppio della nostra. E poi ci sono le sezioni di San Donà, Portoguaro e Chioggia. Si può arbitrare una partita dai 14 anni compiuti fino ai 40. La nostra sezione di Venezia ha anche un assistente internazionale come Daniele Bindoni. Le intolleranze verbali preoccupano. «Al di là degli insulti che purtroppo rischiano di diventare la normalità – chiude Michele Gottardi – l’aspetto più preoccupate sono gli insulti razzisti. Per fortuna non sono casi frequenti numerosi ma ci sono».
Lorenzo Mayer