Un appello alla famiglia Canella perché prenda in considerazione l’idea progettuale dell’architetto Gianfranco Vecchiato, quella del Borgo del Castelvecchio. Potrebbe essere il modo migliore per ridare vita all’area dell’ex Umberto I armonizzando nuove funzioni con la conservazione della storia di quest’area centrale di Mestre.
È la proposta lanciata in una lettera aperta, anzi, in «un accorato appello alla famiglia Canella, in merito alle decisioni progettuali sull’area dell’ex ospedale Umberto I, di sua proprietà sin dal 2019».
La lettera è firmata dal Centro Studi Storici di Mestre, dalla Fondazione Mestre Domani, dal Comitato Progetto Comune e vi aderiscono l’associazione Mestre Mia e il Comitato ex Umberto I Bene Comune.
«Siamo ben consapevoli – si legge nel testo – che il notevole impegno finanziario sostenuto per l’acquisizione dell’area debba avere un sicuro ritorno economico. Ma riteniamo che tale risultato dovrebbe ottenersi con un progetto architettonico e urbanistico che integri tutte le preesistenze, i padiglioni, la ex casa suore, la chiesetta, aggiungendovi forme originali e forza evocativa. Un tale risultato sarebbe apprezzato dalla Comunità ed aggiungerebbe valore all’intera operazione immobiliare».
L’area dell’ex Umberto I, prosegue la lettera «concentra in sé importanti valori archeologici, storici, ambientali ed affettivi. Già comprovata sede del primo castello di Mestre (il Castelvecchio), forse edificato su un preesistente insediamento romano, è stato successivamente Abbazia di San Giacomo e secoli dopo ospedale civile. Lì vi sono tracce evidenti del primo castello e nel sottosuolo sicuramente materiali d’epoca antecedente che, portati alla luce, contribuirebbero a completare il mosaico di elementi conoscitivi sulla storia antica della città».
Quasi un appello, insomma, anche alle Sovrintendenze perché ripongano al centro dell’attenzione la tutela e la valorizzazione del luogo. Ammesso che ciò sia possibile, visto quanto ancora rimane e vista l’esigenza altrettanto importante e giustificata di non vincolare mezza città. «Nei restanti padiglioni, che l’incuria di questi anni sta portando ad accentuato degrado, generazioni di mestrini hanno vissuto momenti di dolore, di gioia e di speranza. Sulle attigue rive del ramo delle Beccherie del Marzenego, ove ancora sopravvive, precario, l’antico ponte medioevale del Castelvecchio, si conservano le sponde erbose e l’andamento sinuoso del fiume, che nelle altre parti della città è stato incanalato e cementificato».
Essendo in questi anni mancato un dialogo tra proprietà e cittadinanza – sottolinea l’appello – «nel mentre il tempo implacabile porta all’incuria e al degrado, ci siamo interrogati sul progetto che è stato da Voi reso noto nel settembre 2020, ancora visibile su internet, e sui flebili rapporti con la storia del luogo. Anche per questo, il nostro interesse è attratto da una proposta, illustrata in questi mesi pubblicamente da un noto architetto mestrino, professionista da sempre attento a tali tematiche, che nella sua originalità ci pare tenga conto delle complessità e dei valori sopra richiamati in una visione che vuol coniugare aspetti economici, caratteri del centro storico, rapporti sociali ed ambientali. Ne risulta un’idea progettuale che amplia e valorizza il centro di Mestre e che dimostra come salvaguardia dei valori, ritorno economico e sviluppo della città possono coniugarsi armoniosamente». Dall’appello nascerà un dialogo?