E’ uno dei caorlotti più celebri in tutto il mondo e recentemente ha raccolto in un libro (intitolato “Il Santo che ha cambiato la mia vita”, edizioni Palumbo) le sue memorie. Stiamo parlando di Guido Gusso, l’aiutante di camera di Papa Giovanni XXIII, che abbiamo incontrato nella sua abitazione di Campo Cadorna. Gusso, del ramo dei Santamore, in estate lascia infatti Roma e il Vaticano per tornare nella natia Caorle alla quale è sempre rimasto profondamente legato. Destinato a fare il pescatore o il fornaio come suo padre, Gusso ha visto la sua vita cambiare radicalmente dopo l’incontro con Roncalli: «Mio fratello Cornelio conosceva l’ex segretario del predecessore di Roncalli, il patriarca Agostini, che gli spiegò che il nuovo Patriarca avrebbe avuto bisogno di un aiutante. Decisi quindi di proporre la mia candidatura che in effetti fu accettata». Gusso ci tiene a sottolineare, ancor oggi, che non fu merito dello zio, monsignor Felice Marchesan, all’epoca parroco di Caorle, se ottenne quella nomina: «Roncalli venne nominato Patriarca a Venezia dopo diversi anni passati a Parigi e in Bulgaria. Non conosceva, quindi, la curia veneziana e nemmeno don Felice».
L’affetto di Roncalli per Caorle e per i pescatori. Dopo l’ingresso in Patriarcato, Gusso per cinque anni accompagnò costantemente il futuro papa sia negli impegni all’interno della diocesi veneziana ed in Veneto, sia in quelli all’estero: «Andammo in visita anche a Beirut, in Egitto ed in Terrasanta. L’allora Patriarca Roncalli – ricorda – dimostrava un grande affetto per Burano e Caorle perché diceva che i pescatori, come i contadini, vivono all’aria aperta ed hanno un animo nobile. A Caorle, in particolare, veniva spesso per le cresime, per le visite pastorali, per le feste della Madonna dell’Angelo che gli rimasero nel cuore. In una di quelle occasioni manifestò per la prima volta un malore allo stomaco e mi riprese perché in quel momento non ero con lui, ma con la mia fidanzata Antonia che poi sarebbe diventata mia moglie».
In diretta dal Conclave: «Vidi la sorpresa nei suoi occhi». Ad un certo punto, sembrò che il servizio per il Patriarca dovesse limitarsi e diventare “part time”: «Si guadagnava poco a quel tempo, circa 15mila lire al mese e dovevo mandare qualcosa a casa dalla famiglia. Per questo sarei dovuto andare a lavorare per l’Associazione Industriali di Venezia, mantenendo il mio ruolo con il Patriarca per il solo fine settimana. Proprio in quel momento però venne a mancare papa Pio XII e così accompagnai Roncalli al conclave del 1958 dal quale sarebbe poi uscito come Giovanni XXIII». Proprio Gusso, insieme al segretario monsignor Loris Capovilla, accompagnò Roncalli all’interno del Conclave e rimase accanto a lui durante lo spoglio dei voti: «Vidi la sorpresa e lo sgomento negli occhi del papa quando cominciò a realizzare che le preferenze del collegio cardinalizio volgevano in suo favore. Ricordo il segretario del cardinale di Torino che mi suggerì di aiutarlo in qualche modo con un caffè, magari corretto con qualche goccia di cognac. Fui io a recuperare a Roncalli un annuario dei Papi dal quale poi scelse il nome di Giovanni XXIII e fui con lui sul balcone al momento della presentazione ai fedeli riuniti in piazza San Pietro. Io però non vidi nulla della piazza perché c’erano troppe luci».
Quando rischiò la scomunica. Gli aneddoti di Gusso sulla vita insieme a Papa Giovanni XXIII sono innumerevoli e raccontano dell’umanità e dell’umiltà di Roncalli: «In curia mi spiegarono che mi sarei dovuto inginocchiare ogni volta che avessi dovuto incontrarlo. E così feci per i primi due giorni, poi il Papa mi chiese di farlo solo al mattino al risveglio e la sera prima di coricarsi e di riservare gli altri inchini all’Altissimo. Durante il primo giorno del suo papato, quando il conclave ancora non era sciolto, Roncalli mi chiese di recuperare alcuni suoi documenti ed effetti personali al di fuori dell’area del conclave. Il decano del sacro collegio Tillerman mi intimò di non uscire dal conclave perché la pena era la scomunica: quando il papa lo seppe, mi disse di riferire a Tillerman che se anche io fossi stato scomunicato, lui avrebbe immediatamente revocato la scomunica. Poi fui sempre con lui durante le uscite segrete dal Vaticano, a volte anche con la mia auto». Gusso è rimasto con Roncalli fino alla morte, sopraggiunta il 3 giugno del 1963: «Quando seppe che non c’era più nulla da fare volle ricevere la comunione in forma solenne e volle che quella giornata per quanto possibile fosse vissuta con gioia. Due giorni prima di morire dopo aver salutato i fratelli e monsignor Capovilla, volle salutare me. Ero in ginocchio accanto al suo letto e mi riprese perché voleva che mi accostassi di più alla comunione. Poi voleva darmi una promozione ma io rifiutai perché l’incarico che mi aveva affidato dopo la sua morte già era molto per me. Gli chiesi invece di proteggere dal cielo mia moglie e mio figlio e lui mi disse di chiamarlo quando avessi avuto bisogno e che avrebbe risposto. E in effetti poi andata è davvero così».
Riccardo Coppo