Questa sera in basilica cattedrale di San Marco a Venezia si è tenuto l’annuale appuntamento del concerto di Natale offerto dall’ente lirico “La Fenice” e dalla Procuratoria di San Marco. La Cappella Marciana, l’antico ensamble corale della basilica diretto dal Maestro Marco Gemmani, e Schola Cantorum Basiliensis hanno offerto un programma musicale dedicato a Claudio Monteverdi, con l’esecuzione di alcune pagine significative della “Selva morale e spirituale” abbinate a composizioni sacre di Biagio Marini e Alessandro Grandi.
In tale occasione, come ormai da tradizione, il Patriarca Francesco ha tenuto un breve discorso introduttivo che riportiamo integralmente do seguito:
«Stimate autorità, gentili signore e signori, anche quest’anno il Natale bussa alle nostre porte. Natale ci ricorda che noi uomini non siamo isole ma comunichiamo fra di noi e ci apparteniamo anche quando non ne abbiamo consapevolezza o non lo vogliamo.
“Relazioni buone” e “gratuità” costituiscono la base di una vera convivenza umana: sono la cifra di un’umanità che non riduce tutto a scambio economico per cui la persona ha valore solo se produce. Relazionalità e gratuità sono sinonimi di una vera convivenza umana; certo, viviamo anche di scambi economici, ma prima di tutto viviamo di empatia.
La vita di una comunità è costituita dalle relazioni delle persone che la formano. Una comunità è fatta da persone in relazione fra loro e da tale reciprocità si dipana la vita di ciascuno e la convivenza sociale. Ruoli e compiti sono differenti ma tutti influiamo sugli altri; disattendere ciò significa vivere semplicemente giustapposti gli uni gli altri e non realizzare ancora una convivenza.
Ricordiamo tutti un film – uscito nel 1946 – che ha fatto la storia del cinema; oggi, è più attuale di ottant’anni fa, il titolo: “La vita è meravigliosa” di Frank Capra. Il protagonista, George Bailey, è un uomo onesto e generoso che ama e aiuta il prossimo ma, dopo vari eventi sfortunati e senza colpa, si trova sull’orlo del fallimento. Proprio la vigilia di Natale, disperato, decide di togliersi la vita, di suicidarsi arrivando a dire: “Se non fossi mai nato…”.
Ma, grazie alle sue preghiere, a quelle dei familiari e degli amici, gli giunge in soccorso un simpatico vecchietto che, in realtà, è il suo angelo custode che acconsente alla terribile richiesta e, per questo, trasporta George in una realtà parallela, una vita virtuale in cui vede come sarebbero la sua città, la sua famiglia e i suoi amici se lui non fosse mai esistito; riscopre così tante realtà e situazioni belle e positive esistenti ma che non sarebbero esistite senza di lui perché (e questo è l’insegnamento) la vita di un uomo è legata a tante altre vite.
In un istante George capisce che, nonostante le sconfitte e le ingiustizie, la vita genera vita e un’infinità di avvenimenti che plasmano il nostro mondo. Così comprende che la sua vita ha generato vita e ha reso migliore la sua città, la sua famiglia, i suoi amici, generando e cambiando situazioni, ad iniziare dalla vita del fratello Harry che George, a dodici anni, aveva salvato mentre stava annegando.
George, allora, chiede di vivere perché, nonostante tutto, la vita è meravigliosa. Il messaggio è chiaro: non vi è nulla di peggio della disperazione, del non credere più in nulla, nel non sentirsi amati e capaci d’amare, nel sentirsi soli. Se la vita è vissuta con gli altri e, in primis, con Dio, nonostante le difficoltà, la vita è meravigliosa.
Se una persona non esistesse si aprirebbero vuoti incolmabili, destinati a rimanere tali, e la storia di ciascuno di noi sarebbe diversa. Che sarebbe, poi, di tante realtà legate alle nostre scelte generose e coraggiose se non fossimo mai esistiti?
Il Natale ci ricorda che il Bambino di Betlemme ci rende tutti fratelli, poiché tutti figli dell’unico Padre, e la nostra vita è unita a quella altrui; è proprio la comprensione del segno umile del Natale che ci guida ad una nuova convivenza.
Il Natale ci chiede di non considerarci estranei e di non perseguire solo la ricerca di sé eppure, nonostante questo ripetuto richiamo, continuiamo a combattere guerre o a uccidere chi si dice d’amare; pensiamo ai femminicidi e alla lenta distruzione della nostra casa comune, il creato.
Il Bambino di Betlemme è gratuità e accoglienza; è il sì alla vita senza cadere in mezze verità che, alla fine, sono bugie e confondono chi è culturalmente più debole.
A otto secoli dalla prima rappresentazione della Natività che il Poverello d’Assisi fece nei boschi di Greccio – era il Natale del 1223 – siamo chiamati a comprendere che il presepio non è pura poesia e retorica. Il Bambino di Betlemme, infatti, prende su di sé il peccato del mondo, iniziando da quello dell’Erode di turno che sopprime gli altri per paura di perdere il suo potere.
L’augurio a tutti, di cuore, è di aprirsi alla novità del Natale».