Sono le 4 di pomeriggio del 10 settembre. Sono nel bel mezzo della Florida, a dieci minuti da Disney World, scappata come un coniglio due giorni fa, quando sembrava che il centro di Irma (che era allora a forza 5 e stava distruggendo le isole) sarebbe passato proprio sopra a casa nostra, vicino alla costa sud. Si, come un coniglio che annusa odore di panico e prova ad escogitare la soluzione migliore per passarla liscia, tra mille che possono rivelarsi sbagliate, senza basi razionali visto che le previsioni cambiano ogni giorno, e in più, con poco tempo a disposizione. Dopo un certo momento, non ci si può più muovere.
E si’ che questa volta mi ero rifiutata di guardare anche solo mezza notizia della TV o dai giornali. Mi sarei informata solo dagli schemi semplici e diretti del NOAA (l’agenzia federale che, negli Stati Uniti, si occupa di meteorologia, ndr). Perché a sentire le notizie, si perde ancora più la testa. Basta un aggettivo per farti raggelare il sangue: “catastrophic”, “deadly”, il più grande uragano mai arrivato sugli Stati Uniti… hai voglia di capire cosa intendano esattamente, è tutto pathos. E poi il governatore Scott che dice di amare i propri figli e che si possono ricostruire le case ma non le proprie vite… Ma con chi crede di parlare? Chi deve convincere? Forse qualche testardo che non si vuole muovere dalla casa su ruote sulla spiaggia? Ma intanto, tutta la popolazione della Florida muore di paura.
E infatti così è successo. Migliaia si sono mossi. Voli esauriti, treni a 1000 dollari. Il sud Florida ha preso la macchina e si è postato in central Florida, dalle coste al centro, dal centro al nord. Molti delle isole Keys (quelli proprio devono andarsene visto che sono su un filo di terra) sono andati a Nord e ora l’occhio dell’uragano li ha presi proprio là. Quelli partiti prima, hanno guidato tredici ore e da Miami sono arrivati in Georgia…
E poi, dovunque si vada, l’uragano può deviare e raggiungerti. E poi dove arrivi non ci sono alberghi. E corri pure il rischio di restare senza benzina!
Ah sì, altro panico pre-uragano è causato dai preparativi. Stai ancora vivendo la tua vita usuale, ti preoccupi della lezione da preparare e dei compiti dei bambini, e ti accorgi che alle pompe di benzina ci sono le code, ben ordinate e ben educate, ma i fogli appiccicati cominciano a dire che la benzina è finita. E vai in supermercato e non trovi più un goccio d’acqua o di pane e ti riempi di tè freddo e brioche (alla Maria Antonietta). E non trovare più una batteria per le lanterne. E cerchi di prevedere tutto quel che potrebbe servire quando si sarà senza elettricità, senza acqua, senza macchina, senza internet, senza telefono…
E poi, se resti… dove stai? In casa, dove le serrande e il tetto dovrebbero resistere? O in casa con amici così che almeno si sta in compagnia? O nello shelter, nelle scuole trasformate in rifugi che dovrebbero essere i luoghi più sicuri, ma sono dedicate ai senzatetto e agli anziani che vivono nelle case prefabbricate?
Il terremoto non si può prevedere, un tornado nemmeno, ma l’uragano sì. Quindi sono giorni che stiamo vivendo in tensione, assaliti dalla frenesia delle decisioni.
Guardo fuori e vedo le chiome di alberi che frullano e si agitano, la pioggia è un velo fitto e il fruscio attraversa le finestre, nelle raffiche. E ancora aspettiamo che arrivi Irma. Sta mandando solo le prime avvisaglie, ma noi – onestamente – non c’è la facciamo più ad aspettare. Irma, vieni, fai quel che devi e passa una buona volta… sono cinque giorni che nella nostra testa romba un uragano!
Ilaria Serra