Tornare a sentirsi considerate persone, nella consapevolezza che attraverso il bello e il buono si può conoscere il vero.
Il bilancio del progetto dell’associazione “Fondamenta delle Convertite”, finanziato con risorse regionali e supportato dagli “Amici dei musei e monumenti veneziani”, è più che positivo. I risultati finora raggiunti sono stati presentati nella sede di The Human Safety Net e sono il frutto di una serie di attività dedicate alla casa di reclusione femminile della Giudecca con lo scopo di offrire alle detenute la possibilità di riappropriarsi gradualmente di un contatto con il “fuori”, fornendo un supporto concreto al loro percorso di reintegrazione con la città.
«Esisterebbe l’obbligo, che lo Stato italiano impone nella gestione del carcere, di garantire ad ogni detenuto un tipo di trattamento che gli permetta di recuperare la sua credibilità sociale. Ma questo non avviene quasi mai, se non attraverso le associazioni di volontariato, che affrontano il tema», ha puntualizzato Giampaolo Sprocati, presidente dell’associazione veneziana, specificando come il progetto, che ha preso ufficialmente il via da inizio 2023, con scadenza prevista a fine anno, si fondi su tre cardini. Il primo riguarda il rapporto con la città, che si basa sul fornire alle ristrette una conoscenza di ciò che le circonda; una realtà a loro spesso sconosciuta a causa dell’isolamento a cui sono sottoposte. Il secondo, invece, è strettamente collegato all’uscita dal carcere di alcune detenute, per una giornata, grazie all’autorizzazione ottenuta dal magistrato di sorveglianza. Tra i luoghi visitati anche Palazzo Ducale, Gallerie dell’Accademia e Basilica di San Marco. «Questo è un aspetto fondamentale, per instaurare davvero un rapporto con la città – ha commentato Sprocati -. Trentaquattro le uscite effettuate ed altrettante le ristrette coinvolte nell’iniziativa».
Donne entrate a contatto con un mondo in continua trasformazione e per le quali fermarsi davanti ad una vetrina o poter scegliere che cosa ordinare in un ristorante sono passaggi particolarmente importanti. E c’è chi, per l’emozione del momento, non è riuscita a celare la paura di tornare a percorrere le vie del centro storico, dovendosi aggrappare al braccio dei volontari a causa di qualche capogiro. «Per il magistrato di sorveglianza le prime uscite costituiscono un’occasione per verificare la possibilità di concedere permessi speciali, di recarsi al lavoro o di ottenere i domiciliari». Infine il terzo punto cardine del progetto, che arriva a coinvolgere una quarantina di detenute: i laboratori, basati su conferenze, filmati e spiegazioni su Venezia, la sua storia e le curiosità che la contraddistinguono. Il tutto in collaborazione con gli “Amici dei musei”. «Nel corso dell’anno – ha illustrato Sprocati – al femminile forniamo anche abbigliamento, coperte e lenzuola, mentre al maschile abbiamo due psichiatri pronti a gestire le situazioni più delicate, legate a persone violente». «Monumenti, calli e musei veneziani sono intrisi di una cittadinanza del passato, con un patrimonio di valori che arriva anche ai giorni nostri», ha detto Marco Foffano, garante per i detenuti, soffermandosi sul tema del lavoro, nell’ambito delle realtà carcerarie italiane un versante ancora troppo debole. «Faccio un appello – ha aggiunto – ad imprenditori e cooperative: bussate alla porta del carcere. Incontrerete delle difficoltà, ma questo è un punto su cui bisogna insistere».
Marta Gasparon