È il primo diacono permanente ordinato nella diocesi di Venezia dopo 9 anni. Il primo dal 2014. Fiducia e un po’ di trepidazione non mancano: «Già, è una bella responsabilità».
Gianpaolo Pivato sarà ordinato diacono permanente sabato 4 novembre alle 10, nella basilica di San Marco, nel corso della stessa celebrazione in cui Giacomo Ridolfi diventerà diacono transeunte, in preparazione al sacerdozio. Per Gianpaolo la celebrazione sarà diversa. Al suo fianco ci sarà Sabrina, sua moglie dal ‘92, e i due figli Leonardo e Marco, di 29 e 31 anni. E magari anche qualche collega del reparto di radiologia dell’Ospedale Civile di Venezia, dove Gianpaolo è operatore socio sanitario.
«Non ho ben chiaro il momento in cui ho percepito questa cosa, è stato un insieme di situazioni – racconta lui -. Ci ho riflettuto molto: il mio è stato un percorso di discernimento accompagnato dal mio padre spirituale e dai colloqui con i parroci che ho avuto la fortuna di incontrare. Ci penso da 9 anni, la chiave è stata l’incontro con persone che hanno testimoniato la loro fede, la curiosità per queste figure e poi… sì, il mio lavoro». Le ore trascorse in ospedale, il contatto con le persone alle prese con speranze infrante o riaccese; con buone o cattive notizie. Questo più di tutto ha aperto gli occhi di Gianpaolo verso l’idea di una vocazione speciale, quella di diacono all’interno della Chiesa diocesana. «Sicuramente il lavoro mi ha aiutato, perché essere vicino alla sofferenza ti interroga fortemente e ti spinge a trovare la risposta. Quella che ho trovato io è nel Signore, la vita concreta ti interroga».
Un servizio nato nella vita comune, bilanciando – come molti – vita privata, lavoro, servizio e famiglia. «Io ho cercato di rendermi utile in parrocchia. Ho fatto il catechista per anni, poi il lavoro mi ha impegnato fortemente e i bimbi erano piccoli. Quando ho cominciato ad interrogarmi per capire cosa provassi, mi hanno consigliato di intraprendere gli studi. Alla mia età, non avrei mai pensato di laurearmi all’Istituto di Scienze religiose e conseguire il baccalaureato».
Dopo il lettorato e l’accolitato, oggi Gianpaolo è pronto per ricevere dal Patriarca Francesco l’ordinazione e l’indicazione del compito che gli sarà affidato in diocesi. E non è solo. «Questo è stato un percorso di formazione anche per la mia famiglia, soprattutto per mia moglie. All’inizio c’è sempre un po’ di paura. Cosa vuol dire essere diacono permanente? La prima domanda che mi fanno è: “Cosa farai?”. Io non credo che cambierà quel che dovrò fare – afferma Gianpaolo -. A cambiare sarà piuttosto la persona: può darsi che in futuro io farò le stesse cose di prima ma, in quanto diacono, a nome della Chiesa. Entrare nella comunità diaconale che ha accolto sia me che mia moglie ci ha aiutati a discernere, insieme ad un dialogo con don Paolo Ferrazzo. E ci siamo accorti di una cosa: è stato un percorso che ci ha rafforzato molto come coppia».
Una vocazione condivisa anche sul luogo di lavoro. «Sì, ho dovuto condividere ciò che stavo facendo – spiega Gianpaolo – anche perché nel periodo in cui stavo studiando, ho dovuto richiedere dei permessi per poterlo fare. È stato un percorso che ho condiviso con piacere, ricevendo reazioni un po’ diverse, ma sono contento. Non vedo l’ora di poter fare festa con i colleghi. Ognuno poi rimarrà della propria idea, ma i momenti di gioia vanno allargati e così facciamo noi». Una festa: questo rappresenta, per Gianpaolo e Sabrina, l’ordinazione. Un momento di grazia, dice, a poche ore dal suo nuovo sì. «Questo sacramento si innesta in quello del matrimonio. Il primo non sostituisce l’altro, ma entrambi si rafforzano. E ora comincio a capire cosa significhi davvero».
Maria Paola Scaramuzza