«Se io non avessi questo anello al dito, tu non avresti il tuo». Questa frase disse un giorno Margherita, mamma di Giuseppe Sarto, cioè San Pio X, quando il figlio, appena ordinato vescovo di Mantova, andò a trovarla e le mostrò l’anello episcopale.
È un episodio che il Patriarca Francesco racconta nell’omelia pronunciata durante la Messa celebrata giovedì 19 mattina nella basilica della Salute a Venezia, insieme al presbiterio e alla comunità diaconale della Diocesi. Dinanzi a tutti le spoglie mortali di San Pio X, che rimarranno a Venezia fino a venerdì 20; il pellegrinaggio si completerà sabato 21 e domenica 22 a Marghera, nella chiesa intitolata al santo di Riese.
Ecco, Riese: la riflessione del Patriarca è incentrata sulla testimonianza di vita e sugli eventi di grazia che si intersecano nell’esistenza di Giuseppe Melchiorre Sarto: «Guardiamo a Pio X come ad uno di noi e non come a un “superuomo”; è un battezzato a cui il Signore ha usato una particolare misericordia».
Una misericordia che prende dei nomi e dei volti, appunto: «Avremmo avuto un santo papa come Pio X senza mamma Margherita? Anche perché il papà, Giovanni Battista, viene ricordato come un “buon cristiano”, «ma quando il figlio Bepi – prosegue il Patriarca – manifestò l’intenzione d’entrare in Seminario, si mostrò per nulla propenso all’idea. Fu, anzi, decisamente contrario poiché riteneva che dovesse rappresentare, invece, un aiuto necessario alla famiglia. La decisione di Bepi, per il padre, non fu mai qualcosa di scontato e d’indolore. Raccontò la sorella Lucia nella testimonianza per la Positio della causa di beatificazione: “…papà era tanto buono, ma non era affatto contento che il servo di Dio… si facesse prete, qualche volta ci fu diverbio con la mamma e il babbo (…)”. E ancora: “…ha dovuto lottare con papà che non lo voleva lasciare andare per la carriera ecclesiastica, anzi dice la mamma che non voleva lasciarlo fare neanche il chierichetto in Chiesa parrocchiale, quando era piccolo”.
La mamma Margherita, invece, era di tutt’altro avviso rispetto al marito «e fu un validissimo appoggio per il figlio – continua il racconto storico di mons. Moraglia – che sempre incoraggiò e, concretamente, aiutò rendendogli possibile seguire la vocazione al sacerdozio. Margherita era una donna forte, laboriosa e intelligente a cui non difettavano tenacia e coraggio, che mostrò pienamente alla morte del coniuge rimanendo vedova con dieci figli da crescere e il secondogenito da sostenere nella scelta seminaristica».
Ma ma avremmo avuto – incalza il Patriarca Francesco – un santo papa come Pio X «anche senza un parroco attento e vicino alla sua gente come don Tito Fusarini e senza un cappellano come don Pietro Jacuzzi sarebbe maturata la santità sacerdotale di Pio X? E ancora: senza quel paese di Riese – con la sua storia, la sua cultura, le sue tradizioni e le quotidiane relazioni tra i paesani – e senza l’esistenza cristiana vissuta in modo concreto in quella comunità parrocchiale avremmo avuto una guida coraggiosa e ferma per la santa Chiesa di Dio come papa Sarto?».
La risposta è nella domanda, il Patriarca la esplicita: «Rimane così decisiva – particolarmente in chiave vocazionale per i bambini e i giovani – la testimonianza e la presenza di un sacerdote, di un diacono, di un religioso o di una religiosa, di una catechista, di quanti svolgono un servizio o partecipano attivamente alla vita di una comunità parrocchiale ed oggi alla vita di una collaborazione pastorale».
E conclude sottolineando la particolare intonazione che prese la vocazione di Giuseppe Sarto così coltivata: «Egli, soprattutto, mai volle essere altro se non un “pastore d’anime” – il parroco del mondo – nel senso più alto e nobile del termine; in ogni stagione della vita (come prete, vescovo, cardinale, papa), ebbe a cuore la cura dei fedeli; dovunque fu mandato, fu sempre attento a promuovere la vita di fede della gente che era affidata alle sue cure». (G.M.)