La scuola dell’infanzia si è rimessa in moto. Da lunedì gli istituti paritari del Veneziano stanno accogliendo prima i “piccoli”, ovvero i nuovi iscritti che richiedono un tempo graduale di inserimento, e poi medi e grandi, per un totale di circa 10.000 bambini della fascia 3-5 anni che frequentano le scuole materne paritarie associate alla Fism. A questi vanno ad aggiungersi i piccoli della fascia 0-3 dei nidi integrati (circa 900), una soluzione che ormai riguarda circa il 50% degli istituti paritari veneti. «Ma ci sono anche le sezioni primavera, per la fascia che va dai 24 ai 36 mesi, che vanno ulteriormente ad ampliare l’offerta nella nostra regione», spiega Stefano Cecchin, presidente della Fism veneziana. Qui, in provincia, sono 130 le scuole dell’infanzia e 42 i nidi integrati, con 670 docenti per l’infanzia, 120 educatrici del nido e oltre 700 volontari. «Sono circa 11mila le famiglie coinvolte quotidianamente e se pensiamo che ci sono genitori, ma anche nonni che portano i bambini a scuola, parliamo di una popolazione di 50-60mila persone coinvolte».
Le criticità non mancano, anche se, rileva Cecchin, «fortunatamente abbiamo registrato quest’anno una sola chiusura, quella delle suore canossiane di via Piave a Mestre. In totale in Veneto le chiusure sono state 15». Il calo demografico è la causa più evidente: «Siamo intorno al 4-7% di iscritti in meno in tutto il territorio, con punte più alte nelle zone periferiche. Per la provincia di Venezia le zone maggiormente in difficoltà sono quelle che si trovano alle estremità del territorio».
Ma accanto al calo degli iscritti, il grande problema è quello economico. «Abbiamo chiuso il 2022 in passivo e anche il 2023 avrà il segno meno sia pure un po’ più lieve. Due anni li possiamo assorbire, ma un terzo no», avverte Cecchin che si appella per questo al Governo e alle amministrazioni locali: «Auspichiamo che già nella Legge di Stabilità vi sia un contributo importante per le scuole paritarie, che come sappiamo fanno risparmiare cifre notevoli allo Stato. Oltre al fatto – ricorda – che nel 50% dei Comuni della nostra regione è presente solo la scuola materna paritaria, mentre quella statale non c’è. E proprio per il fatto che eroghiamo un servizio fondamentale nel territorio, speriamo che anche i Comuni possano stanziare dei contributi. Alcuni già lo fanno, altri molto meno. Servirebbe da parte loro almeno uno stanziamento in via straordinaria per far fronte a questo periodo di difficoltà». Le difficoltà economiche sono legate all’aumento dei prezzi dell’energia e in generale delle forniture: «Sono raddoppiati i costi del gas e dell’elettricità. Ma poi – aggiunge Cecchin – c’è anche l’inflazione che corre al 10%, e anche più, sugli approvvigionamenti delle nostre cucine, sul materiale didattico e di cancelleria». Di recente poi è stato rinnovato il Contratto collettivo nazionale, che comporta un aggravio di costi per gli enti gestori. «Il nostro personale viene costantemente formato, sia per quanto riguarda le educatrici sia per le ausiliarie. E’ una formazione costante che garantisce alle famiglie un personale altamente qualificato».
E negli anni l’offerta formativa si è sempre più arricchita: «Ormai – nota Cecchin – l’inglese è entrato a far parte dell’offerta in modo strutturale. Proponiamo numerosi laboratori e dappertutto abbiamo ampliato gli orari di apertura e chiusura (andando dalle 7,30 fino alle 17 ma anche alle 18,30). Un tema che ci sta molto a cuore è l’educazione alla cittadinanza. Siamo scuole di ispirazione cattolica e per noi – conclude – essere cristiani significa avere una marcia in più: significa servizio, accoglienza, relazione. Insomma, essere cittadini». Serena Spinazzi Lucchesi