«Bisogna essere capaci di sognare. Se uno sogna e si impegna duramente per raggiungere quello che porta nel cuore, i desideri poi si avverano. Io posso testimoniarlo e sto scrivendo un libro per poterlo raccontare. Da bambino? Il mio sogno era quello di partecipare alla Regata Storica. E alla fine ci sono riuscito».
Palmiro Fongher, veneziano di Pellestrina, è il “re del remo”: ha partecipato a 39 edizioni della Regata Storica. Dodici volte l’ha vinta, in altre 12-13 occasioni si è piazzato al secondo posto. Ha collezionato almeno 35 bandiere all’arrivo in Canal Grande e per 7 volte consecutive ha trionfato sul traguardo. Numeri che già da soli raccontano una carriera leggendaria.
Oggi Fongher ha 91 anni e dice: «Continuo ancora a sognare: per questo sto scrivendo un libro. E vorrei avere qualche anno in meno per partecipare alla gara di domenica prossima. Mi considero un appassionato del remo e anche un tecnico. Ho partecipato alla mia prima Regata Storica nel 1952, come riserva. Oggi però è cambiato tutto».
Il suo primo colpo di remo, da bambino, è stato una conseguenza naturale. «Mio papà era un pescatore di Pellestrina. Aveva due imbarcazioni e ogni anno, subito dopo la fine della scuola, mi chiamava in barca. Io ero l’ottavo di nove fratelli e mi diceva: “devi venire per tutelare gli interessi della famiglia”. Tutti dovevamo lavorare e pescare per guadagnarci il pane. Mio padre era davvero un tesoro e parlava poco, ma ti dovevi immediatamente attenere a quello che lui diceva. Così, andando a pesca insieme, ho dato il primo colpo di remo. E ho subito sognato di partecipare alla Storica».
Essere scelti però non era cosa facile. «Una volta c’erano due selezioni – prosegue –. Una riservata ai gondolieri e l’altra solo per tre posti, per tutti gli altri. Io potevo prendere parte soltanto a quest’ultima, dunque entrarci era difficilissimo. Ma io ci credevo e volevo a tutti i costi esserci».
Poi la scalata verso il successo. «Nel 1952 sono stato riserva e questa è stata da un lato la mia fortuna più grande, dall’altro la mia sfortuna, perché così avrei potuto partecipare già quell’anno. Nel 1953, nella mia prima gara in Storica, sono arrivato secondo, ma solo perché mi sono accontentato di tenere quella posizione. Nel 1957 la prima vittoria è stata una grande gioia, ma l’emozione più intensa è stata proprio la mia prima partecipazione». D’altronde si trattava del sogno di un bambino che si avverava, dopo tanti sacrifici.
Nonno Palmiro ricorda oggi che un po’ di sfrontatezza non guasta mai. «Bisogna pensare in grande e mai accontentarsi – insiste –. Al momento della partenza dissi al mio compagno di barca: “in avvio dobbiamo subito ‘bruciare’ Strigheta”, mitico re del remo e dominatore assoluto in quegli anni. Ricordo che guardarono me, che ero un giovanotto, come se fossero di fronte a un pazzo. E invece…».
Con gli occhi della sua giovinezza, Fongher ha attraversato anche il periodo di una guerra mondiale. «I tedeschi bombardavano ogni sera e non si poteva uscire di casa. La guerra è una tragedia, l’esatto contrario del sogno. Anche questo riporterò nel mio libro».
Osservando la situazione del mondo del remo di oggi, lo sguardo si fa assai meno incantato e poetico. E una stoccata parte nei confronti delle istituzioni. «C’è una totale e assoluta mancanza di rispetto verso le tradizioni veneziane e cittadine. Mancano la cultura e la conoscenza della storia. Una volta la Regata Storica si chiamava così perché partecipavano re, capi di Stato, autorità nazionali e internazionali. Ma oggi non è più così. E anche i premi sono ormai riconoscimenti di scarso livello. Non c’è rispetto per la storia e per i regatanti».
Come invertire la tendenza? «I giovani pensano al telefonino e ai videogiochi – conclude Fongher –. Se si vuole insegnare a sciare ad un bambino, bisogna innanzitutto comprargli l’attrezzatura adeguata. E anche su questo siamo molto carenti. Un elogio va fatto alle remiere, che fanno quello che possono. Ma la tradizione del remo andrebbe riportata anche nelle scuole».
Lorenzo Mayer