Il cantiere è stato aperto a fine luglio e oggi si vedono le demolizioni: quelle necessarie per poi rinnovare. Ma tempo neanche un anno e, da giugno 2018, Villa Maria Ausiliatrice, la casa del Seminario a San Vito di Cadore, inizierà una sua nuova, splendida stagione.
Vendere, chiudere o restaurare? Era tempo, d’altronde, che si avvertiva il bisogno di un intervento di straordinaria manutenzione per l’edificio, la cui originaria costruzione è degli anni ’30, ma che venne ampliato e condotto alla condizione attuale nel 1960. Gli anni da allora trascorsi sono molti: perciò da tempo si avvertiva il bisogno di apportare migliorie, di innovare quanto si era andato logorando e di migliorare l’efficienza energetica dello stabile (che è un segno di attenzione per il creato oltre ad un modo efficace per accrescere il comfort e ridurre i costi).
Oltretutto, nel tempo, standard e norme sono cambiati anche per le case per vacanze: ormai, anche dal punto di vista dei permessi, la situazione non era più sostenibile. «Per questo – spiega il rettore del Seminario, don Fabrizio Favaro – ci siamo trovati di fronte a tre possibilità: vendere, chiudere o restaurare. E la terza possibilità non era scontata».
Ma alla fine ci si è riusciti. Da un lato perché una casa per vacanze, dal punto di vista pastorale, è importante e sempre più richiesta: parrocchie, Diocesi e Seminario ne avvertono il bisogno. Dall’altro perché ci si era preparati negli anni a sostenere l’intervento avviato adesso, e già l’ex rettore, mons. Lucio Cilia, aveva iniziato a tracciare la strada per la progettazione e il reperimento delle risorse.
Sotto la “pelle” un cambio radicale. Risorse necessarie che sono consistenti – circa due milioni di euro – ma contenute per la mole di lavori che sono stati avviati. Esternamente Villa Maria Ausiliatrice rimarrà identica, ma sotto la “pelle” cambierà radicalmente. La casa verrà funzionalmente divisa in due: a sinistra, guardando la facciata, rimarranno camerate, per un totale di 60 posti letto. Questa zona verrà affidata in autogestione a gruppi parrocchiali.
A destra stanno per essere realizzate una trentina di camere singole o doppie, con servizi: verranno usate dai seminaristi, da sacerdoti e da famiglie, in regime di parziale autogestione.
«Il punto di riferimento, per lo standard dell’ospitalità – riprende don Favaro – è quello della casa diocesana di spiritualità a Cavallino».
Gli interventi all’edificio saranno importanti: saranno sostituiti tutti gli impianti – termico, idraulico ed elettrico – tutti i serramenti e tutti i servizi igienici. Inoltre verrà fatto un “cappotto” da 12 centimetri, che consentirà di ridurre le dispersioni di calore e aumentare l’efficienza energetica.
Sarà così possibile ospitare gruppi tutto l’anno, scaldando anche solo alcune zone, senza usare grandi quantità di carburante.
Un aiuto dagli amici, come negli anni ’60. Ora la parola è al cantiere. E alla generosità: «Il Seminario – riprende il rettore – già da una decina d’anni, con don Cilia, aveva iniziato a mettere da parte alcune donazioni. Per cui non partiamo alla cieca, ma da una base economica. I soldi raccolti fino ad oggi, però, non bastano. Terminato il restauro, oltretutto, ci sarà da arredare. Perciò pensiamo di chiedere un aiuto a chi condivide il valore di quest’opera. E riprenderemo un’iniziativa già condotta a suo tempo: negli anni ’60, infatti, l’impegno era stato enorme e vi avevano contribuito famiglie, parrocchie, amici… Tant’è vero che ogni camera ospitava ancora dei quadretti, realizzati da don Giampaolo Girardello, che riportavano sul retro il nome di un donatore e la dedica per quella donazione. Ecco, vorremmo riproporre qualcosa del genere, e a settembre cercheremo di raggiungere gli amici per chiedere un aiuto economico».
Giorgio Malavasi