Questa mattina al Museo Archeologico nazionale di Venezia cerimonia di consegna al direttore regionale musei del Veneto, Daniele Ferrara, di un’anfora attica a figure nere, databile attorno al 500 a.C. e attribuibile al così detto “Gruppo di Leagros”.
Il manufatto è stato consegnato dal comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio culturale di Venezia, Emanuele Meleleo. Sono intervenuti, tra gli altri, la direttrice del Museo Archeologico nazionale di Adria, Alberta Facchi, dove l’anfora rimarrà esposta, funzionari del Ministero della Cultura e rappresentanti di Istituti universitari e di ricerca.
Con “Gruppo di Leagros” si fa riferimento, nelle scienze archeologiche, a un insieme di ceramografi attivi ad Atene tra il 525 e il 500 a.C. Si tratta di artigiani specializzati nella tecnica “a figure nere”, della quale rappresentano l’ultimo grande momento, prima del definitivo sorpasso da parte della tecnica “a figure rosse”. Assieme all’hidria e al cratere, l’anfora è tra le forme predilette dal “Gruppo di Leagros”, al quale si attribuiscono vasi prevalentemente caratterizzati da figurazioni di carattere eroico, spesso tratte dai poemi omerici. A parte un unicum in Turchia, tutti i ritrovamenti delle anfore del “Gruppo di Leagros” ricadono soprattutto in Italia nell’antica Etruria (luogo di destinazione commerciale) e poi in Grecia.
L’anfora è stata sequestrata nel settembre 2022 dai Carabinieri Tutela Patrimonio culturale di Venezia, nell’ambito dell’operazione internazionale di polizia “Pandora VII” e a seguito della richiesta per il rilascio dell’Attestato di libera circolazione, presentata dal detentore del reperto all’Ufficio Esportazione di Venezia (ufficio del Ministero della Cultura che si occupa della circolazione internazionale dei beni culturali).
La normativa vigente, infatti, prevede sui beni archeologici provenienti certamente o presumibilmente dal territorio italiano una presunzione di appartenenza allo Stato. Il privato che intenda rivendicare la proprietà di reperti archeologici è tenuto a fornire la prova che gli stessi gli siano stati assegnati dallo Stato in premio per ritrovamento fortuito, o che gli siano stati ceduti, sempre dallo Stato, a titolo d’indennizzo, per l’occupazione di immobili, o che siano stati in suo possesso, in data anteriore all’entrata in vigore della Legge n. 364 del 20 giugno 1909. Inoltre, in materia di compravendita di beni all’estero, il contratto di acquisto di un bene storico non costituisce idoneo titolo di proprietà.
Nella ricostruzione a ritroso della storia del manufatto è emerso che l’anfora era stata acquistata dall’ultimo detentore nel 2016 in un’asta londinese. Precedentemente apparteneva a una collezione privata belga, che nel 1935 fu data in deposito al Museo Reale di Arte e Storia di Bruxelles. Non sono invece stati individuati informazioni certe più antiche. L’azione investigativa si è basata anche su esami tecnici e storico-artistici sull’anfora, anche in relazione alla sua provenienza, effettuati dagli archeologi della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna e della collaborazione strutturale dell’Ufficio Esportazione.