Non calano e non crescono: i senza fissa dimora presenti nel territorio del Comune di Venezia sono circa 200 e nel corso degli anni sono una presenza costante con numeri pressoché invariati. Ci sono persone che transitano e poi se ne vanno dal Comune di Venezia, altre invece arrivano e restano.
Come spiega l’assessore alla coesione sociale del Comune di Venezia Simone Venturini «una prima grande distinzione va fatta tra i senza dimora che sono collocati presso strutture collettive come Caritas, Comune, Casa dell’Ospitalità e in questi casi ci possono essere tantissime diverse storie dietro: c’è chi ha perso il lavoro, c’è chi ha avuto problemi di malattia, chi ha avuto problemi di tossicodipendenza, chi problemi psichiatrici, separazioni familiari, tragedie, invalidità che hanno poi portato a perdere il lavoro e la casa. Ci sono persino situazioni che risalgono a 30 o 40 anni fa».
«Queste persone – continua Venturini – sono seguite dai servizi sociali ovvero sono inserite in programmi e sono costantemente monitorate e con alcuni di loro stiamo facendo anche dei percorsi per arrivare a portarli dalla strada al dormitorio; poi il passo successivo è un appartamento assegnato. C’è infine una platea altrettanto ampia, più di un centinaio di senza fissa dimora, che non ha un legame diretto con il territorio. Uno può essere senza fissa dimora qui e poi tra due mesi può esserlo a Milano. Sono persone che transitano, molto spesso sono di origine straniera, in particolare dall’Est Europa».
Il Comune comunque ha contatti con tutti perché ha delle unità di strada che operano appunto su strada; durante l’inverno c’è anche un servizio che va a fornire pasti caldi, coperte e viene offerto il dormitorio. Si sa chi sono ma molte di queste persone in questa seconda categoria rifiutano qualsiasi tipo di approccio, non vogliono essere aiutate e non vogliono fare il percorso proposto con i servizi del Comune o della Caritas. Il Comune dà loro comunque la possibilità di fare la doccia, di avere un cambio di vestiti e di mangiare alle mense. Per il resto rifiutano ogni altro aiuto perché non pianificano di restare da noi a lungo. La stragrande maggioranza di questi senza fissa dimora sono stranieri e in particolare provengono dall’Est Europa.
«Inoltre da quattro anni è nato il progetto Housing First in collaborazione tra servizi del Comune, Casa dell’Ospitalità e altri dormitori – spiega Venturini – che prevede che il Comune sistemi, cosa che ha fatto, una serie di appartamenti attrezzandoli con mobilio; prevede poi che siano selezionate delle persone che hanno fatto un percorso attraverso delle strutture collettive (dormitori, mense e altre strutture del Comune o di Caritas) e le si segue una ad una per capire ad esempio se hanno diritto alla pensione, perché magari sono anziani, oppure se hanno invalidità e quindi se hanno diritto all’invalidità civile. Si fa un percorso individuale e piano piano li si accompagna all’autonomia abitativa. Negli ultimi quattro anni abbiamo tolto dalla strada 27 persone e di questi alcuni hanno un lavoro, alcuni sono pensionati, alcuni hanno l’assegno di invalidità. Sono cioè diventati autonomi ma il Comune continua a seguirli».
In aggiunta a questo, nell’ultimo anno si è concluso il restauro della Casa dell’Ospitalità in via Spalti, con 800mila euro spesi dal Comune; e sta per partire un altro intervento del valore di 500mila euro per la Casa dell’Ospitalità di Venezia per rendere gli spazi più accoglienti e moderni.
Marco Monaco