Il 50% smette di fumare e un altro 25% riduce sensibilmente l’uso di sigarette. È il risultato ragguardevole raggiunto l’anno scorso (e più o meno pari agli anni precedenti) dai sei Att, gli Ambulatori per il trattamento del tabagismo dell’Ulss 3 Serenissima.
Il che significa che nel 2022 su 252 persone che hanno fatto ricorso agli Ambulatori perché non riuscivano a smettere da sole, circa 125 sono riuscite a dire addio al tabacco.
«E l’altro dato che ci dà soddisfazione – rileva Novella Ghezzo, coordinatrice del trattamento del tabagismo per l’Ulss 3 – è che stanno arrivando persone più giovani rispetto a qualche anno fa: oggi si presentano agli Att uomini e donne che mediamente hanno tra i 40 e i 50 anni; qualche tempo fa vedevamo più 55-60enni». Un po’ come dire che sta crescendo la consapevolezza dei pericoli per la salute legati al fumo e ci si dà da fare nel porvi rimedio anche prima di quanto accadesse un tempo.
Spesso sono il medico di base o lo pneumologo a indirizzare il fumatore verso il servizio dell’Ulss: «Ma ho visto invii – precisa Novella Ghezzo – anche da parte del cardiologo e dello psichiatra: i malati psichiatrici, infatti, muoiono per via del fumo più che per altre patologie e quindi sono fumatori complessi, non è facile aiutarli a smettere anche quando lo desiderano».
Il trattamento funziona perché è multidisciplinare: in tutti gli ambulatori sono presenti medico, infermiere e psicologo. «C’è un colloquio – spiega la dott.ssa Ghezzo – condotto dalle infermiere; poi lo psicologo valuta le risorse del paziente e i pro e i contro dell’intervento, e il medico interviene con il supporto farmacologico. I farmaci sono suddivisi in tre filoni: i sostitutivi della nicotina, in forma di cerotti e caramelle, l’antidepressivo che riduce molto la voglia di fumare, e il fiore all’occhiello: la citisina, un preparato galenico, perché l’industria non lo produce, che funziona però molto bene».
La citisina, infatti, aiuta a provare repulsione verso il fumo: c’è chi sente un’alterazione del sapore della sigaretta che potrà risultare metallico, e c’è chi avverte un po’ di nausea dopo l’accensione della sigaretta, che impedisce in maniera ancora più efficace di fumare.
«Ma tutti i farmaci – precisa la responsabile degli Att – funzionano perché c’è un approccio multidisciplinare. Il farmaco da solo, infatti, non basta: c’è bisogno dello psicologo che segua i progressi così come dell’infermiera che misura i parametri, cosa che consente al fumatore di apprezzare il cambiamento».
Chi desiderasse prendere contatto con gli Ambulatori può farlo visitando il sito regionale www.smettointempo.it, in cui si trovano i rimandi al servizio; oppure si può scrivere una mail a ctt@aulss3.veneto.it.
Il 50% di chi ci prova, dunque, ce la fa; ma perché l’altro 50% no? «Perché lo stato d’animo e le condizioni fisiche e psicologiche contano», risponde Novella Ghezzo: «Quanto più sono presenti stati depressivi o ansiosi, tanto più si fa fatica. Il cardiopatico, per esempio, un po’ depresso magari perché è andato in pensione, con la giornata un po’ vuota, senza grandi supporti di familiari o amici che lo sostengano, farà fatica a smettere. Chi ha famiglia e lavoro non troppo stressante, invece, e non ha importanti patologie né terapie in atto, è molto più probabile che ce la faccia».
Giorgio Malavasi