«Questa casa è stata donata e a sua volta dovrà essere donata». Parte da qui la storia di Casa di Paola, inaugurata qualche giorno fa in corte del Paradiso, a Castello, per diventare un luogo di accoglienza. Parole rivolte tempo fa da Paola Zanini alla sorella Marilisa che, dopo la sua scomparsa avvenuta 5 anni fa, ha voluto mantener fede a quella richiesta fatta poco prima di morire, decidendo di donare l’abitazione alla Fondazione Elena Trevisanato. Realtà veneziana con 15 anni di storia alle spalle, contraddistinta da oltre 50 progetti portati a termine, dei quali hanno beneficiato circa 360mila persone in 17 zone d’intervento.
Casa di Paola oggi è stata destinata a due giovani studentesse afgane, entrambe musulmane, ospitate qui finché non troveranno una sistemazione più definitiva. D’altronde lo spirito del progetto è proprio questo: aiutare a raggiungere un’autonomia graduale. «Motivo per il quale a chi è assegnatario di una borsa di studio chiediamo un contributo simbolico per l’affitto, in modo da responsabilizzarlo ed invogliarlo a trovare un lavoretto che lo aiuti nel percorso di autonomia», spiega la presidente della Fondazione, Liliana Miatello, soffermandosi sulla situazione attuale delle due ragazze. Parvin Yavari, di 21 anni, è iscritta ad Ingegneria informatica all’Università di Padova; arrivata a Venezia lo scorso settembre, la borsa di studio le verrà garantita nei prossimi mesi. Mentre la 26enne Atefah Kooshki studia Letteratura inglese a Ca’ Foscari e ha raggiunto la città d’acqua ai primi di gennaio. Assegnataria di una borsa di studio, deve però ancora ricevere la prima erogazione. «Oggi le due ragazze pagano solo il costo delle utenze. Sono arrivate qui grazie ad un contatto con “Afghanistan 2030”. Dopo la presa dei talebani, una volta giunte a Venezia abbiamo sostenuto tante giovani afgane che non avevano niente, trovando loro una sistemazione per farle ambientare», sottolinea la presidente, che nel momento in cui gli spazi sono stati benedetti da don Nandino Capovilla, parroco della Cita ed anima della Casa di Amadou, associazione nata a Marghera per garantire un tetto a chi non lo ha, si è commossa. Un momento culminato con la recita del Padre Nostro insieme a Parvin e Atefah.
Poi il ricordo di Paola: «Mia sorella, più giovane di me di quattro anni, aveva il morbo di Hodgkin, una malattia che l’ha aperta moltissimo verso gli altri. Amava aiutare, per quello che poteva, i bambini del mondo in difficoltà – racconta Marilisa -. Mamma originaria del Cadore e papà veneziano, siamo nate entrambe in centro storico». Paola ha frequentato l’Accademia di Belle Arti ma poi ha dovuto abbandonare gli studi proprio a causa della sua condizione di salute, che non le ha permesso di trovare un lavoro stabile o di formare una famiglia. La sua passione per il mondo dell’arte non è mai venuta meno e una quarantina di anni fa ha iniziato a dipingere anche splendide icone, che realizzava raccogliendosi in preghiera. Poi la decisione di andare via di casa, che l’ha portata ad affittare proprio l’appartamento ora donato alla Fondazione. Lo stesso alloggio che, nel momento in cui era stato messo in vendita, Paola ha deciso di acquistare grazie al generoso contributo economico di un’amica. «Era il ’95. Mia sorella si è poi impegnata a restituire un po’ per volta la somma», spiega la signora. Una casa che Paola ha abitato per trent’anni, finché la diagnosi di un tumore all’esofago e il conseguente peggioramento della sua salute, l’hanno costretta ad andare a vivere insieme a Marilisa. L’appartamento di Castello, nel quale ha investito parte della pensione per sistemarlo e migliorarlo, è così rimasto vuoto fino alla sua morte.
La scelta di destinarlo ad una realtà del territorio è stata per Marilisa naturale, perché questo è ciò che la sorella avrebbe voluto davvero. Come lo è stata la decisione di affidarlo alla Fondazione Elena Trevisanato, della quale il marito della figlia le parla spesso, attraverso una collaborazione avviata l’anno scorso. «Questo luogo accoglierà chi ha bisogno, sia che si tratti di una famiglia veneziana o di persone immigrate. Ci è stata data carta bianca, poi vedremo in base alle necessità», conclude Miatello, chiarendo un punto centrale: la Casa non verrà mai destinata al turismo. «Cercheremo di utilizzarla nel migliore dei modi, secondo le intenzioni di Paola».
Marta Gasparon