Destano stupore e ammirazione le immagini dei tanti padiglioni della 18. Mostra Internazionale di Architettura, curata da Lesley Lokko, “The Laboratory of the future”.
Un tripudio di idee , percorsi , visioni e progetti che cercano di sospingere l’uomo contemporaneo verso mete non ancora nitide in cui il vissuto dell’oggi fa fatica a farsi strada per un futuro sostenibile.
Da questa posizione, soprattutto i tanti giovani talenti provenienti da ogni parte del mondo hanno scavato dentro il genio per rappresentare una struttura o una composizione di materiali per individuare i linguaggi più consoni capaci di aggregare, incontrare, creare il senso della comunità di un futuro inclusivo.
In questo immenso caleidoscopio, dopo cinque anni, la Santa Sede attraverso il Dicastero per la Cultura e l’Educazione torna alla Biennale con un padiglione “ sull’Amicizia Solidale“ negli edifici del Monastero benedettino e nei giardini dell’Abbazia dell’Isola di San Giorgio Maggiore.
Un tema ambizioso che, come affermato dal cardinale José Tolentino de Mendonça, commissario del Padiglione e prefetto del citato Dicastero, fonda le sue aspirazioni e cerca le sue risposte nelle encicliche di Papa Francesco: Laudato si’ (2015) e Fratelli Tutti(2022).
Una sfida ardua che impone un dialogo tra la missione contemporanea della Chiesa nel mondo con la visione squisitamente ardita degli architetti in cerca di un futuro che riduca le diseguaglianze, assicuri libertà , giustizia e piena dignità ad ogni persona.
Negli scenari del domani non vi sono ricette precostituite , ma lo sforzo di correre con gli altri per non lasciare indietro nessuno e trovare lo spazio in cui l’incontro è la chiave di lettura per costruire la comunità dei diritti e della fraternità.
Ci si deve chiedere tuttavia quali sono i motivi che muovono la Santa Sede a partecipare ad un evento internazionale in cui le domande ultime, il senso religioso della vita e della trascendenza sembrano vivere la stagione del tramonto.
Non è certamente una competizione con altri mondi della cultura contemporanea, di cui la Mostra offre un intelligente e ricco panorama, ma la volontà di porsi con rispetto di fronte alle fatiche ed allo smarrimento dell’uomo del nostro tempo, chiamato a declinare nel contingente il messaggio universale di Cristo.
È il futuro che vive nel presente tra le povertà emergenti, tra la disperazione degli ultimi e degli abbandonati, tra le le guerre per affermare la pace, tra i dubbi di un’esistenza che stenta a trovare punti solidi di riferimento in un mondo in cui tutto appare fluido.
Allora, la sostenibilità, la logica del riuso , l’impiego degli scarti che , così pregnanti , dispiegano i loro intrinseci significati all’interno del Padiglione , interpellano la coscienza di ognuno per comprendere i sentieri accidentati del nostro tempo e per indicare il punto di caduta di una svolta in cui il futuro non può che essere sapientemente costruito sulle radici dell’oggi.
Nei giardini dell’Abbazia , va in scena il bello , la bellezza che il grande teologo elvetico Hans Urs von Balthasar aveva individuato come ulteriore trascendentale per sviluppare una teologia cristiana, oltre il “verum“ ed il “ bonum“.
Anche i Padri del Concilio Vaticano II affermarono “ Il mondo in cui viviamo ha bisogno di bellezza per non oscurarsi nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che mette la gioia nel cuore degli uomini, è il frutto prezioso che resiste all’usura del tempo, che unisce le generazioni e le congiunge nell’ammirazione. E ciò grazie alle vostre mani“.
In tal senso , il Patriarca Francesco Moraglia ha legato la simbologia artistica del Padiglione alla quotidianità per testimoniare il Vangelo nella concretezza dei gesti e dei comportamenti perché il futuro è nelle mani e nella mente di tutti , di cui nessuno deve sentirsi escluso .
In un’epoca , in cui i tratti identitari del ghenos, del sangue , hanno retto all’usura del tempo per millenni , ora appaiono claudicanti per la primazia della techne che si sta aprendo all’intelligenza artificiale , finanche all’autocoscienza , che riduce sempre più gli spazi di manovra per un futuro sostenibile a misura d’uomo .
La Mostra resta dunque un efficace paradigma di dialogo delle arti che scommette sul sogno e sulla profezia di un mondo migliore .
Michele di Bari