Il problema più grande sarà per i nonni. Sono gli anziani, infatti, a soffrire maggiormente il venire meno di un servizio tradizionale: lo sportello bancario. «Sarà così anche per la chiusura dei nove sportelli annunciata da IntesaSanpaolo», segnala Matteo Cavallin di First Cisl, la federazione che nel sindacato segue vicende e vertenze dei bancari.
Tra marzo – cioè praticamente subito – e il prossimo mese di giugno chiuderanno a Venezia l’agenzia di Santa Sofia, la numero 2, già sede storica della Cassa di Risparmio di Venezia, e quella alle Zattere. In provincia stessa sorte per le filiali di Jesolo Paese, Torre di Mosto, Oriago di Mira, Sottomarina (dove ne chiudono due), Campolongo Maggiore e Cona. «La notizia delle nove filiali di IntesaSanpaolo in chiusura non ci ha stupito: era nell’ambito del piano industriale che ci era stato comunicato un anno fa e che finora non aveva interessato il nostro territorio. Ma i disagi, soprattutto per la clientela, ci saranno»: lo sottolinea Alessandra Sacco, segretaria generale della Fisac Cgil di Venezia. In effetti il piano del maggiore istituto di credito del Paese si articola su tre anni – dal 2023 al 2025 – e guarda decisamente all’obiettivo della banca digitale. Le tecnologie sono cambiate, i clienti – almeno quelli che hanno più familiarità con il web – trovano più comodo usare cellulari e pc anziché andare in filiale e così la banca cambia la sua organizzazione, ottenendo anche dei significativi risparmi di gestione. Insomma: succede il viceversa di quanto accaduto negli ultimi decenni del Novecento, quando ad ogni angolo di città e paese apriva un’agenzia. Per quanto riguarda IntesaSanpaolo il piano prevede, entro il 2025, la chiusura di 1050 filiali in tutt’Italia, che porteranno così il totale degli uffici aperti da 3700 a 2650.
In questo contesto rientrano anche le nove chiusure nel Veneziano. «IntesaSanpaolo non licenzierà – precisa Cavallin – e il personale verrà spostato in agenzie tendenzialmente vicine, per svolgere mansioni simili a quelle compiute finora. Una parte dei dipendenti verranno orientati a operare in una sorta di filiale on line». Si tratta in totale di una cinquantina di persone, precisa il sindacalista Cisl, «e tutte le situazioni critiche vengono gestite in collaborazione tra istituto di credito, lavoratori e sindacato. Questo anche perché IntesaSanpaolo ha una presenza capillare nel territorio, che rende più flessibili certi passaggi; non altrettanto si potrebbe dire per altre banche che, nel momento in cui chiudono un’agenzia, smistano i dipendenti anche a molti chilometri di distanza».
Poi qualche bancario verrà accompagnato alla pensione, anche grazie ad un fondo specifico, creato con il contributo sia delle banche che dei dipendenti stessi, che agevola i prepensionamenti. La questione più pesante, su cui i sindacalisti concordano, è quella della difficoltà creata alle categorie più deboli e ai territori più fragili. «Vengono via via a mancare – rimarca Alessandra Sacco – dei servizi utili per un’utenza meno pronta a usare la banca digitale: soprattutto gli anziani. Poi viene meno anche il servizio a supporto delle piccole imprese e delle micro-imprese, che hanno bisogno di filiali bancarie vicine per avere accesso al credito o per fare versamenti. Ricordiamoci che dove si desertifica il territorio da questo tipo di servizi in certi casi è aperta la strada alla criminalità. Bloccare la transizione al digitale è impossibile, ma ricordare agli istituti il loro ruolo sociale è doveroso». (G.M.)