Definirli semplicemente presepi, sarebbe riduttivo. Perché ognuno dei circa 230 collezionati da una quarantina d’anni a questa parte, a cui se ne aggiungono di continuo, racchiude in sé un particolare ricordo o una nota descrittiva capace di distinguerli l’uno dall’altro, rendendoli unici.
Durante le festività natalizie, le porte della casa seicentesca dei coniugi Carmelo Abbadessa e Gabriella Schiavon sono sempre aperte, pronte ad accogliere chiunque desideri ammirare la loro ampia raccolta tutta dedicata alla Natività, in esposizione fino a metà gennaio. Presepi perlopiù acquistati nei mercatini missionari e durante i numerosi viaggi compiuti, ricevuti in dono da chi ormai questa speciale passione la conosce bene o appositamente realizzati dai loro amici, in una fusione di forme, dimensioni, colori e materiali differenti, espressione concreta della cultura e tradizione del luogo – come Perù, Africa, Argentina, Cile e Messico – in cui ogni statuina ha preso vita. Dalle foglie di granoturco al corallo; dal cristallo di sale, al merletto e pannolenci. Dalla terracotta e legno d’ebano alla cartapesta; dalla ceramica alla filigrana, fino alla stagnola dei cioccolatini. Varcata la soglia – l’abitazione si trova a Cannaregio, in calle de la Rabbia, a due passi dal ponte delle Guglie – si apre un mondo fatto di aneddoti e racconti che s’intrecciano al medesimo, il più importante. Allo stesso che si tramanda nelle famiglie da secoli e legato alla nascita di un bambino che ha cambiato il corso della Storia.
Un percorso casalingo. In casa di Carmelo e Gabriella, l’itinerario parte da una semplice domanda trascritta su una calamita posizionata sul frigorifero della cucina: “Te piace ‘o presepe?”, come rimando ad una delle opere più celebri di Eduardo De Filippo, “Natale in casa Cupiello”. Un interrogativo scontato per chi sceglie di tuffarsi tra le splendide creazioni disposte qua e là, fra le stanze della casa. Anche negli angoli più insoliti, come dentro ad alcune pentole in rame o tra gli scaffali delle credenze: ovunque purché ogni presepio trovi una degna collocazione, per essere osservato anche solo per un istante. «Sono nato in un paese vicino a Messina nel ’43 – racconta di sé Abbadessa, per motivi di studio poi trasferitosi a Padova, dove si è laureato in Ingegneria elettrotecnica –. Ho lavorato per 30 anni nella realizzazione di impianti elettrici ferroviari e mi hanno assegnato a Venezia, città nella quale io e mia moglie, padovana, ci siamo trasferiti nel ’70». Due figli e un’ironia che lo contraddistingue, Carmelo fa da abile guida con tanto di torcia in mano per illuminare ogni singolo elemento delle “sue” creature. «In questo periodo la casa viene rivoluzionata, per poi riporre tutto in uno stanzino fino all’anno seguente», aggiunge, mentre Gabriella conferma come la passione del marito abbia contagiato pure lei.
Il viso (anziano) di una committente. Tra i presepi più preziosi, quelli napoletani di metà ’700, di notevole valore. «Di quelli antichi, in commercio non ce ne sono. Un amico li trovava in Germania: a Monaco di Baviera è presente un museo dedicato proprio ai presepi napoletani». La particolarità del primo – contenuto in uno splendido scarabattolo (o teca) realizzato a Venezia meno di un secolo fa – è il volto di Maria, piuttosto anziano. E il motivo è semplice: «Un tempo il viso della Vergine si rifaceva a quello della committente». Il secondo presepio, invece, non viene mai smontato data la delicatezza delle figure, alte 33 cm, e dei tessuti indossati insieme agli accessori, quanto piuttosto coperto da dei drappi. Appartenuto ad un amico che non c’è più, la figlia ha deciso di venderlo a Carmelo, che per ospitarlo in camera da letto ha ideato un apposito scaffale ligneo. «Mancava il bambinello – ricorda Gabriella –. E poiché nel suo testamento una cugina aveva scritto di lasciarne uno alle persone care, abbiamo utilizzato quello. Ha quindi per noi una grande valenza affettiva».
Marta Gasparon