Una restituzione che è anche una scoperta. Ha il fascino del ritrovamento la presentazione del Crocifisso della chiesa antica di San Zaccaria che si tiene giovedì pomeriggio (ore 18) alla presenza del Patriarca mons. Francesco Moraglia, con la presidente del Comitati Privati Internazionali per la Salvaguardia di Venezia Paola Marini e il presidente del Comitato olandese Bernard Aikema.
Proprio allo storico dell’arte, docente all’università di Verona, si deve la scoperta del Crocifisso. Che a San Zaccaria si trovava “nascosto”, per così dire, sopra l’altare maggiore della chiesa nuova. «Nascosto – spiega il prof. Aikema – nel senso che pur trovandosi nella collocazione che a rigor di logica dovrebbe essere quella più importante e in vista di una chiesa, cioè sopra l’altar maggiore, in realtà era stato posto così in alto che nemmeno si vedeva. Si trovava infatti a circa 20 metri d’altezza, praticamente all’interno della cupola. E proprio per questo – rammenta il docente – nelle pubblicazioni relative alla chiesa di San Zaccaria il Crocifisso non figura».
Foto © Uni.S.Ve, Ph. Joan Porcel
Gli arredi della chiesa antica. Esistono però alcuni documenti che si riferiscono agli arredi della “chiesa antica”, che si trova a destra nel corpo adiacente alla navata principale della chiesa rinascimentale e che oggi è suddivisa in vari spazi. «Lo spazio più famoso è la Cappella di San Tarasio che in origine era il Coro della chiesa delle monache benedettine. Non monache qualsiasi – sottolinea lo storico dell’arte – ma figlie delle famiglie nobili della città. Tra di esse anche la sorella del Doge Francesco Foscari, che qui fu badessa. E proprio il Doge – siamo a metà del ’400 – si occupò di rifare la Cappella, con opere pregevoli, quali la pala Vivarini, gli affreschi di Andrea Del Castagno… In un documento dell’epoca sono elencate tutte le opere e viene nominato anche un Crocifisso, posto tra i dossali lignei che allora separavano lo spazio riservato alle monache dal resto dei fedeli. Ma al di là di questo documento, nessuno sapeva dove si trovasse il Crocifisso. Sembrava fosse andato perduto. Così quando alcuni anni fa mi sono accorto di quello sopra all’altare maggiore mi sono chiesto se non fosse proprio il Crocifisso mancante. Dalle prime analisi, fatte da lontano con il binocolo, in effetti si poteva già comprendere che esso risaliva alla metà del ’400. Ed è per questo che come Comitato olandese abbiamo pensato di promuovere il progetto di restauro, coinvolgendo anche altri Comitati privati presenti a Venezia e riuniti in associazione, perché fosse un intervento corale e simbolico delle nostre attività».
I Comitati sostenitori. Sono cinque in particolare i Comitati privati che hanno sostenuto il restauro: oltre al Comitato olandese Stichting Nederlands Venetië Comité, figurano l’America-Italy Society of Philadelphia, il Comitato Austriaco Venedig lebt, il Comitato Italiano per Venezia e Venice in Peril Fund. Si è così avviata tutta la procedura (parliamo di circa 5 anni fa), coinvolgendo la Soprintendenza e affidando l’incarico al restauratore Roberto Bergamaschi, uno dei massimi esperti di restauro di opere lignee. L’intervento è consistito nella pulitura degli strati di ridipintura successivi e nel ripristino delle tracce di policromia. «La parte più interessante di un restauro di questo tipo – spiega il restauratore – è proprio agli inizi, quando si va a verificare se sotto le ridipinture si può trovare ancora traccia dei colori originari. In questo caso è stato così ed è sempre un aspetto importante». L’opera, spiega ancora il restauratore, «è di grande qualità mentre gli strati che erano stati apposti successivamente erano davvero molto brutti».
Un dettaglio, non da poco: una delle ridipinture era stata così maldestra da collocare la ferita al costato di Cristo sul fianco sinistro anziché su quello destro, dove ora è stata ripristinata.
Serena Spinazzi Lucchesi