«Mi rendo conto che sta per accadermi qualcosa di grande. Ma la sto vivendo come fosse la cosa più normale per me». Il punto di arrivo vissuto con estrema naturalezza, proprio come se fosse il compimento di un percorso: è l’ordinazione sacerdotale di Bogumil Wasiewicz che avverrà in San Marco sabato 18 giugno alle ore 10.
Sarà il Patriarca Francesco Moraglia ad ordinarlo presbitero nella Basilica cattedrale, dopo che era stato ordinato diacono lo scorso 6 novembre, sempre in San Marco. Per le ordinazioni presbiterali si tratta di un ritorno in Basilica dopo due anni: in questo tempo di pandemia infatti le ordinazioni si erano svolte alla Salute, luogo più pratico e capiente per rispondere alle limitazioni anti-Covid.
Varsavia e il Cammino neocatecumenale. Nato e cresciuto a Varsavia, sesto di sette fratelli (cinque maschi, due femmine), Bogus ha 29 anni e a Venezia è arrivato quando ne aveva 21, dopo aver detto sì a una chiamata vocazionale del Cammino neocatecumenale. «I miei genitori ne fanno parte, la fede mi è stata trasmessa da loro. Ma non mi hanno mai imposto nulla. Sono entrato nel Cammino a 13 anni per seguire più che altro i miei amici. Vivevo tutto – la liturgia della Parola, la Messa al sabato – senza grande convinzione. E no, non avevo ancora sentito alcuna chiamata». E’ stato piuttosto un avvicinamento lento, segnato da due tappe importanti: «Ho partecipato a due Gmg, le Giornate mondiali della Gioventù, prima a Madrid e poi in Brasile. Sono stati momenti molto forti. Ripensandoci più tardi, posso dire che è stato lì, soprattutto nella seconda Gmg, che ha iniziato a svilupparsi in me il desiderio di apertura al mondo: vedevo che la fede è qualcosa di universale che unisce il mondo».
Un missionario di Mestre. Ma ancora non era «scattato niente», racconta Bogus che all’epoca si era iscritto all’università di giornalismo. La svolta è arrivata un anno dopo, durante un incontro vocazionale tenuto dagli iniziatori del Cammino a Varsavia. «Qui tra gli altri c’era un missionario del Cammino, che poi ho scoperto essere un missionario della parrocchia mestrina di San Giovanni Evangelista: la testimonianza di Gianvito – con quell’idea di lasciare tutto e andare in missione – mi ha colpito al punto da voler iniziare un percorso di verifica». Il tutto, racconta, è stato abbastanza veloce: «Quell’incontro si era tenuto a maggio del 2014 e tra settembre-ottobre ero già in Italia. E’ stato tutto molto rapido, ero anche un po’ turbato, ero combattuto: da una parte non volevo accettarlo, volevo vivere la mia vita, stare con la mia famiglia, dall’altra sentivo forte questa voce che mi diceva di abbandonarmi totalmente all’amore di Cristo per me e per il mondo. Più che diventare sacerdote, questa voce mi diceva che non esiste un amore più grande, al quale partecipare per “salvare” l’umanità. Questo aspetto universale mi affascinava tanto, così come l’idea di andare in missione».
Dopo un’estate molto combattuta, dopo aver detto di no una prima volta, Bogus arriva a Venezia: «Mi affascinava l’idea di partire senza sapere dove andare, affidandomi alla volontà di Dio. Nell’ottobre del 2014 sono arrivato qui in Seminario e nel primo anno ho più che altro imparato la lingua italiana. Gli studi veri e propri sono iniziati per me l’anno successivo. Non è stato facile quel primo periodo, perché mi sentivo un “poveraccio” che non capisce nulla e non si può esprimere. Ma proprio quello è stato forse il periodo più importante per me, proprio perché ciò che mi ha tenuto qui, nella difficoltà, è stato unicamente il Signore».
«Perché proprio io?». A quei primi mesi dedicati allo studio della lingua, sono poi seguiti gli anni della formazione in Seminario: «E non sono stati lineari, perché soprattutto nei primi due anni ero davvero combattuto», racconta Bogus. «Non avevo mai pensato di diventare prete. Avevo la mia vita, ho avuto delle ragazze. E quando tornavo a casa vedevo i miei amici che si sposavano, la loro vita che continuava. E io ancora non accettavo totalmente la mia vocazione. Ero persino arrabbiato e chiedevo: “Ma perché io? Perché Signore mi stai rovinando la vita?”. Invece non capivo che la vita il Signore me la stava salvando. E’ stato Lui a resistere, non io. Forse solo dopo la candidatura mi sono “arreso”, nel senso che ho riconosciuto la bellezza di questa storia. E’ una storia di salvezza che il Signore ha fatto con me».
Pur appartenendo al Cammino neocatecumenale, Bogumil sarà ordinato per il Patriarcato di Venezia che lo ha incardinato all’inizio del suo percorso di studi e dunque il novello sacerdote in futuro svolgerà servizio per la Diocesi. «Non so ancora cosa mi riserverà il futuro, non immagino nulla, preferisco non pensare a come sarò da sacerdote. Sono disponibile a qualunque decisione. Certo – sottolinea – sono cresciuto sempre in un ambito comunitario e anche in Seminario è stato così. Per questo sento che per me è necessario condividere la vita, coltivare amicizie e relazioni. So che per un parroco può non essere facile, ma ritengo che sia importante riuscire a condividere insieme fatiche e gioie, con uno sguardo di fede. So bene, e non da ora, che da solo io non mi salvo: ho sempre bisogno di qualcuno che mi sostenga e in questi anni ho visto che c’è sempre stato qualcuno che mi ha aiutato».
Il periodo in Kenya. L’ultima parte del percorso di formazione Bogus lo ha trascorso in Kenya, presso la parrocchia “veneziana” di Ol Moran guidata da don Giacomo Basso. Per i diaconi, infatti, su volere del Patriarca, il servizio a Ol Moran di circa tre mesi poco prima dell’ordinazione, è diventata una prassi, che ha importanti risvolti formativi. «Ho incontrato persone straordinarie, mi sono subito sentito parte di quella comunità e ho vissuto con loro in estrema semplicità e spontaneità. Ho pregato con loro, stando con loro, godendo di vederli così semplici ma molto profondi nella fede. Quella semplicità che forse a noi manca. Sono contento di aver fatto lì diaconato, mi sono sentito già ministro ordinato, ho fatto tantissime benedizioni nelle case delle famiglie e questo è stato molto bello – sottolinea – perché le persone erano contente di riceverti in casa e di avere una benedizione. E’ una chiesa giovane, ma con una grande fede. Se ci sarà bisogno, sono disponibile anche a partire. Andando in Kenya mi si è riaperto quel desiderio di lasciare e partire. Ma sono disponibile a qualcunque decisione ed è giusto sia così».
Bogumil sa bene di essere solo all’inizio del sentiero: «Mi viene in mente il Vangelo, quando Gesù dice ai suoi discepoli “Molte cose ho ancora da dirvi” e si riferisce al dono dello Spirito. Ecco: per quanto riguarda me, la mia storia, so che ci saranno tante cose nuove da scoprire. Non voglio crearmi aspettative, preferisco affidarmi: ho visto che in passato quando ho fatto così sono successe le cose più belle».
Serena Spinazzi Lucchesi