Il viso è deforme: Toku non si guarda allo specchio. Il cibo va giù a fatica: Toku non mangia. Le parole escono storte: Toku non parla. I vicini lo deridono: Toku non esce di casa. Nel suo quartiere le malformazioni al volto sono segno del Maligno: Toku decide di andarsene.
È il 2017, Toku parte dalla Nigeria con una malformazione neoplastica al volto che cresce di anno in anno e limita la sua capacità respiratoria, fonetica e di deglutizione.
I diciott’anni prima li vive a Benin City, centro industriale africano della gomma e dell’olio di palma. Una mamma e quattro fratelli. Lui baby operaio, per sostenerli tutti. Durante l’adolescenza “mi compare questo bozzo, che cresce – ricorda -. Tutti cominciano a guardarmi con spavento e fastidio. Non esco più di casa”. I medici del posto gli diagnosticano un carcinoma ameloblastico. Gli dicono: “Se anche riuscissimo a trovare qualcuno che ti operi qui, ti toglierebbe tutta la mandibola: poi come mangi, come sopravvivi?”. Finché all’ultimo specialista nigeriano sfugge che “in Europa sì che saprebbero cosa fare”.
Toku parte per il suo “viaggio sanitario della speranza”. I corridoi umanitari lo aiutano. Bussa alle porte di alcuni tra i più importanti ospedali europei. Gli spiegano che niente, la lesione della mandibola è troppo estesa, non è possibile operare. Finché non arriva in Spagna. Qui sì, si può provare: si può asportare la mandibola e la si può ricostruire. “Quando me lo dicono sono felicissimo. Poi aggiungono che dovrei pagare 60 mila euro. Lo farei, se li avessi. Mi rimetto in viaggio”.
L’estate scorsa arriva in Italia. Magrissimo. Un’associazione cattolica di Verona che lo sta aiutando, “mi dice che all’ospedale dell’Angelo di Mestre sono specializzati in queste cose e che vedendomi non si tireranno certo indietro”.
“Lo accolgo nel mio studio e noto subito che la lesione invade tutto il cavo orale, non solo impedendo l’alimentazione: di questo passo l’ostruzione grave delle vie aeree rischia in pochi mesi di soffocarlo” ricorda il primo incontro con Toku il primario di Chirurgia maxillofacciale Michele Franzinelli. “Noi primari dell’Angelo non crediamo alla diagnosi di tumore maligno – dice Franzinelli -. Fosse così, non sarebbe sopravvissuto tutti questi anni. E abbiamo ragione: la nuova biopsia indica una lesione benigna. Pur non dando luogo a metastasi a distanza, è stata in grado di crescere fino a sovvertire l’architettura ossea della mandibola, determinando deformazione del profilo osseo e progressivamente dislocando anche i denti. Se non vediamo mai malformazioni benigne di questa portata nei Paesi occidentali, è perché al loro insorgere le operiamo subito”.
Tre specialità, tre primari e tre diverse équipe chirurgiche. Una lunga preparazione. Una simulazione virtuale in 3d. Una costosa ricostruzione ingegneristica della mandibola fatta fare su misura che prevede l’utilizzo del perone del ragazzo e di una particolare placca in titanio. Un’intervento raro di asportazione e ricostruzione mandibolare della durata di otto ore, di un’estensione nella demolizione mandibolare mai provata prima all’ospedale hub della provincia di Venezia. Un intervento urgente e salvavita, che va fatto subito. Verificata la regolarità della posizione di Toku rispetto al servizio sanitario, si procede con l’intervento.
A quella di Franzinelli si uniscono le squadre del primario di Chirurgia plastica Eugenio Fraccalanza e del primario di Otorinolaringoiatria Doriano Politi. “Per prima cosa simuliamo al pc la rimozione della mandibola malata e la sua ricostruzione con l’utilizzo dell’osso perone sinistro, sagomato in tre parti per riprodurre il profilo mandibolare – spiegano -. Facciamo poi sviluppare la placca in titanio per fissare i monconi del perone, sagomato fra loro e con il residuo di mandibola sana”. “È un intervento delicatissimo, perché quando rimuovi e poi ricostruisci una mandibola, deve funzionare tutto al millimetro” aggiunge Franzinelli.
Un intervento complicato che in questo caso richiede una tracheotomia, un sondino naso gastrico, il gesso sulla gamba dov’è prelevato il perone e una notte in rianimazione.
Toku si riprende in pochi giorni. Lascia l’ospedale. Comincia a respirare bene, a parlare meglio e soprattutto a mangiare. “Siete brave persone. Gli unici, dopo tante porte chiuse in faccia, che mi hanno aiutato – riesce a dire in inglese ai tre primari prima di andarsene -. Sono felice. Per la mia nuova faccia. E per la mia nuova vita”.
“Questo è l’esempio tecnico dell’eccellenza raggiungibile dal nostro servizio sanitario, che si pone l’obiettivo di farsi carico di tutte le necessità cliniche più rilevanti (e in particolare delle più gravi) delle persone, indipendentemente dalla loro etnia, dalla loro possibilità economica, dalla loro estrazione sociale, dalla loro provenienza geografica – dice il direttore generale dell’Ulss 3 Serenissima Edgardo Contato -. Veneziani o veneti hanno in più la fortuna di essere intercettati presto dal sistema sanitario, grazie anche alla prevenzione e alla tempestività delle cure. Ed è questo il vero miracolo del servizio sanitario nazionale: universale, gratuito, ad alta tecnologia ma anche territoriale, su tutte le branche specialistiche. Integrato con il privato accreditato, con il controllo sociale e con la collaborazione delle associazioni. Un servizio che ci è invidiato in tutto il mondo”.