«I doni di Dio non sono mai “privati” e mai vanno tenuti nascosti o protetti da una sorta di brevetto. Il diaconato è un dono che – attraverso le vostre persone – Dio fa a tutta la Chiesa e voi siete stati chiamati a farlo fruttare, come un talento ricevuto che domanda d’essere speso, condiviso e moltiplicato (v. parabola dei talenti; Mt 25,14-30). È come il seme buono e abbondantemente sparso che ora chiede d’essere accolto da voi come “terreno buono” e capace di fare molto frutto (v. parabola del seminatore; Mc 4,1-20)». Così il PAtriarca Francesco, nell’omelia tenuta oggi a San Marco, si è rivolto agli ordinandi diaconi don Bogumil e fra Mattia, per esortarli a vivere in pienezza il ministero che stavano per ricevere.
Don Bogumil Wasiewicz, alunno del Seminario Patriarcale di Venezia, e fra Mattia Senzani, religioso dell’ordine dei Frati Minori Cappuccini della Provincia Lombarda, sono stati ordinati diaconi oggi dal Patriarca Francesco. La celebrazione si è svolta alle ore 10, con ingresso contingentato, presso la basilica cattedrale di San Marco Evangelista in Venezia: il Patriarca ha imposto le mani su di loro ed ha pronunciato la preghiera di consacrazione. Ora sono diaconi “transeunti”, cioè in vista della loro ordinazione sacerdotale.
Nel cuore della sua omelia, il Patriarca Francesco ha ricordato a don Bogus e fra Mattia che l’umiltà è il fondamento per crescere nella sequela di Cristo e poter imitare la santità dei grandi testimoni della fede: «Carissimi Bogumil e Mattia, nel momento in cui ricevete il primo grado dell’ordine sacro, è importante avere l’umiltà di appoggiarsi e fare riferimento alle grandi figure di santi che hanno segnato la vita della Chiesa e accompagnato la vostra storia. Guardate a coloro che hanno accolto, pur nella differenza delle situazioni ed epoche, i doni di Dio mettendoli a frutto, con la santità personale, per il bene di tutti. La luminosa “catena” di santità è lunga e voi la potete arricchire ulteriormente. Pensiamo ai grandi pastori o dottori della Chiesa, a Giovanni Crisostomo, ad Agostino, ad Ambrogio, a Gregorio Magno, a Carlo Borromeo, a Francesco di Sales che – in tempi diversi ma egualmente difficili, non meno dei nostri – con coraggio hanno professato la fede, la carità di Dio, la speranza e così hanno potuto edificare le persone e le comunità cristiane loro affidate. Pensiamo, in particolare, alla splendida figura di san Giovanni Paolo II, nato in terra di Polonia da cui proviene Bogumil (e anche tante altre persone qui presenti). Ricordiamo san Giovanni Paolo II come il santo pontefice che ha plasmato la storia recente della Chiesa e del mondo».
Citando poi la preghiera di Colletta pronunciata al principio della celebrazione, il Patriarca ha sottolineato che «il diacono è condotto sulle strade del mondo e, quindi, è sempre con i piedi saldamente in terra, dove gli uomini vivono, ma nello stesso tempo, come uomo della carità e della comunione, è chiamato a guardare in alto e ad indicare il futuro. Sempre “instancabili nell’azione, miti nel servizio della comunità e perseveranti nella preghiera” (dal Messale Romano)».
Don Bogumil Wasiewicz, per tutti ora don Bogus, ha 28 anni, sesto di sette fratelli di una grande famiglia ed è originario di Varsavia (Polonia). Sta prestando servizio presso le parrocchie della collaborazione pastorale del Lido di Venezia; è legato profondamente al Cammino Neocatecumenale, attraverso il quale è giunto nella Diocesi lagunare. «I miei genitori – racconta – mi hanno trasmesso fin da bambino una fede molto vissuta, dove vissuta significa che senza Gesù e senza il suo perdono non sarebbero più insieme». Crescendo però l’appartenenza a Cristo si è intiepidita. Dopo una catechesi, la svolta: «Ricordo in particolare la testimonianza di un prete di Mestre, don Gianvito, e una sua frase: “Non esiste cosa più bella al mondo che salvare la gente dall’inferno”. E io un certo inferno lo sperimentavo…». Così è iniziato il suo percorso verso il sacerdozio.
Fra Mattia Senzani, 41 anni il prossimo 7 novembre, francescano Cappuccino, è di Lecco, ma questi ultimi anni li ha trascorsi alla Giudecca, formandosi allo Studio teologico. È ingegnere informatico, professione che ha esercitato per qualche anno prima di licenziarsi ed entrare in convento nel 2013. Allontanatosi dalla fede, la sua conversione è iniziata attraverso una confessione: «A Pasqua del 2003 mi sono confessato: erano otto-nove anni che non lo facevo. È stata una liberazione: sono uscito rinato e mi sono riaccostato ai sacramenti».
Come già avvenuto lo scorso anno, riprende vita una vecchia tradizione che vedeva i seminaristi diocesani ed i religiosi cappuccini vivere le ordinazioni insieme, ricevendo il sacramento dalle mani del Patriarca di Venezia. La “vicinanza” tra diocesani e frati si radica nella comune appartenenza e frequentazione dello studio teologico “San Lorenzo da Brindisi”, affiliato alla Pontificia Università “Antonianum” di Roma, che ha sede presso il convento dei Cappuccini al Redentore, sull’isola della Giudecca.
Le storie e le testimonianze di Bogus e fra Mattia sono state raccontante dall’ultimo numero del settimanale diocesano “Gente Veneta”, uscito in questi giorni in edicola, ma disponibili anche sul sito genteveneta.it
Marco Zane