Al tigì si parla di incendi in Sicilia e di siccità in Veneto. Ovvio, in questa stagione. E gli esperti si affannano a spiegare quali strumenti occorrono per spegnere i roghi o che opere servirebbero per irrigare meglio i campi. E questo è già meno ovvio.
Noi preferiremmo, in questi giorni, sentirli parlare di progetti per contenere le alluvioni o di interventi per salvare persone e case dalle valanghe.
Non è un paradosso. È che vorremmo sentir parlare di questioni che non derivano dall’emergenza e che possono essere affrontate solo in tempi adeguati. Ovvero studiando, progettando, confrontando soluzioni e idee.
Non ha senso invece, anche se è comprensibile, rincorrere le emozioni e le urgenze del momento.
Premuti dal “vento” che tira, tutti parlano della stessa cosa, tutti si concentrano su quel tema. Salvo che, alla prima pioggia, per un po’ la siccità non sarà più all’ordine del giorno. E, spenti i fuochi, occorrerà un nuovo incendio per riportare la questione al centro.
Non sarebbe allora molto più ragionevole – e realmente efficace – essere lungimiranti? Pare che la Serenissima, al tempo della battaglia di Lepanto, sia riuscita a costruire cento navi in poche decine di giorni non tanto per la bravura da recordman dei suoi arsenalotti, ma perché da anni stava preparando il legname e riempiva i depositi dei materiali necessari per assemblare una flotta.
Proviamo a essere più veneziani? E vuoi vedere che un mondo alla rovescia sarebbe più dritto?