Le Nazioni Unite hanno promosso, con una apposita risoluzione, l’istituzione di una giornata internazionale della “Fraternità umana”. Questo atto segue l’Enciclica di Papa “Fratelli tutti”, e la data stessa è un riferimento al 4 febbraio del 2019, data della storica firma ad Abu Dhabi del “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” da parte di Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyib. Gente Veneta ne ha parlato con il Patriarca Francesco.
Prima l’enciclica “Fratelli tutti” ed ora le Nazioni Unite che promuovono la Giornata della Fratellanza umana: la questione della fraternità è tornata al centro della vita pubblica?
C’è come la sensazione che, spinti anche dalle emergenze e dalle difficoltà che i tempi attuali (su più fronti) ci presentano, la fraternità o almeno il senso di fratellanza siano stati riscoperti come una realtà essenziale – cristianamente potremo parlare di “vocazione” – e, nello stesso tempo, come una vera risorsa per uscire dalle secche in cui ci troviamo in molti campi, dalla politica all’economia e alla finanza, dall’educazione alla cultura. Quando Papa Francesco dice che “la fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza” (n. 103) stimola tutti a ripensare le basi e i fondamenti su cui una società è costruita. E invita, soprattutto nel terzo capitolo di “Fratelli tutti” – davvero prezioso -, a tornare alla fatica di pensare e, quindi, di generare un mondo aperto e incentrato sulla fraternità e sull’amicizia sociale. Che questa stia diventando di più una sensibilità avvertita in modo diffuso e come patrimonio condiviso, a livello di istituzioni internazionali e di credenze religiose, sembra un raggio di luce che chiede di essere sostenuto e incoraggiato.
Parlare di fratelli, comunque, non esclude, anzi richiama (richiede) il “posto” di Dio…
Sì, tanto è vero che il Santo Padre precisa chiaramente che “senza un’apertura al Padre di tutti, non ci possono essere ragioni solide e stabili per l’appello alla fraternità” (cfr. n. 272). Questo comporta una grave responsabilità per i credenti e per la Chiesa: “Fratelli tutti” propone con coraggio un pensiero alternativo a molti modelli culturali e antropologici – pensiamo all’individualismo consumista e al paradigma efficientista della tecnocrazia – e chiede di assumere un’altra logica che risponde ad un modo differente di pensare, fondato sulla inalienabile dignità di ogni uomo e donna e sulla comune e filiale dipendenza dal medesimo Padre.
E tutto ciò come chiama in causa i credenti e le comunità ecclesiali?
La Chiesa possiede le risorse spirituali e culturali per essere capace di tutto ciò e lo attesta la sua storia bimillenaria: il bello (l’arte) il vero (il sapere), il bene (pensiamo anche solo agli ospedali e alle diverse opere di carità) sono il dilatarsi del Vangelo che è per tutti, ad iniziare dai piccoli e dai poveri. Da chi, del resto, il mondo si dovrebbe attendere una parola nuova se non da chi è chiamato ad accogliere e testimoniare la parola di Dio detta nel tempo, in modo particolare nella persona di Gesù? Alla fine il cristiano, sorretto da una fede amica dell’uomo, sa di poter contare su questa Parola di salvezza, su questa buona notizia per l’umanità.
Questo cosa richiede esattamente ai cristiani, ai battezzati?
Come battezzati e cittadini siamo chiamati a dare il nostro contributo e testimoniare il Vangelo, ad esprimerci con una carità più grande per il cristiano; si tratta di vivere in dialogo cordiale con la società e la storia, senza rimanerne soggiogati. Amare, condividere e sodalizzare non significa mai essere acritici, succubi o irreggimentati. Nello stesso tempo – e questa è stata una riflessione condivisa dal Papa con autorevoli esponenti del mondo islamico nel “Documento sulla fratellanza umana” sottoscritto due anni fa negli Emirati Arabi – le religioni (comunità, istituzioni, singoli credenti) sono pressantemente provocate ad essere oggi più che mai segno concreto di pace, di giustizia e di fraternità perché “le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue (…) Dio non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente”.
La fraternità – il Papa lo ha sottolineato più volte – tocca anche ambiti impegnativi e fondamentali, un po’ ostici e complicati. Pensiamo ad esempio al mondo della comunicazione e dell’informazione: come può essere rigenerato e rifondato in questa luce?
Un mondo aperto è un mondo non fondato o reclinato sulla mentalità dominante che vuole accreditarsi come unica possibile e che aspira a radicarsi ovunque, anche negli stili di vita più o meno consapevoli della gente comune. E qui i media hanno un compito decisivo e delicato, anche perché generano e muovono consenso e possono essere uniformati, ossia, omologati o, al contrario, sanamenti critici rispetto ad un pensiero unico, detto politicamente corretto e così far crescere la vita di un popolo. I media hanno quindi bisogno di competenze, libertà ed autonomia (anche economica) ma chi vi opera necessita soprattutto di quella “vera saggezza” a cui il Papa accenna al n. 47; una saggezza capace di incontrare la realtà e di non dissimulare la verità, anche quando è scomoda e non facile.
E per quanto riguarda la politica?
In questo ambito oggi avvertiamo la carenza di quella “carità” che, senza togliere nulla all’autonomia della politica, plasma una idealità capace di un pensiero sociale pienamente laico ma ispirato al Vangelo e per questo dotato di una lucidità capace di visione e responsabilità, elementi necessari per il presente e il futuro del nostro Paese. Si tratta di giocare il futuro su conoscenze e valori per cui fraternità e alleanza sociale trovano, finalmente, il fondamento in grado di suscitare consenso fra gli uomini di buona volontà. Avendo di mira una reale e concreta alleanza fra le generazioni. (GV)