Una scelta di felicità: è la ragione di fondo per cui Filippo Malachin ha scelto di dedicare la propria vita a Dio e ai fratelli.
È anche una scelta di libertà, perché quello dell’ormai quasi diacono è stato un cammino di discernimento, di lettura attenta di se stesso e della realtà, fino a prendere una decisione per la vita.
Quasi 36 anni, nato e cresciuto a Padova, Filippo sarà ordinato diacono dal Patriarca Francesco sabato 31 ottobre alle ore 10 in basilica di San Marco.
Un lavoro, l’autonomia, una ragazza. Poi, però… A Venezia, oltre agli anni di Seminario, Filippo aveva già trascorso gli anni dello studio universitario, all’Istituto di Architettura. Ma infanzia e adolescenza, appunto, sono padovani: «Vengo da una famiglia credente, che ha sempre frequentato il Cammino neocatecumenale e lì mi sono formato anch’io alla fede, sia pure tra alti e bassi, normali per un ragazzo. Ricordo però che a 15 anni avevo un rifiuto categorico rispetto alla possibilità di diventare sacerdote. Certamente non era il mio sogno e, anzi, avevo il timore che una cosa del genere mi avrebbe rovinato la vita».
Poi, appunto, la maturità, gli anni allo Iuav, la laurea e la professione: «Ho lavorato come architetto per un po’ di tempo a Padova e poi, per un anno, in Svizzera. E lì, in quella stagione, potevo dire di aver coronato il mio sogno: avevo il lavoro per cui mi ero preparato, un buono stipendio, l’autonomia, frequentavo una ragazza…».
Tutto, praticamente. Oppure poco, se si guarda la realtà da un altro punto di vista: «Via via mi rendevo conto – prosegue Filippo – che tutti quei risultati che avevo raggiunto mi davano una soddisfazione puramente egoistica. Tutto quel che facevo e che avevo era ottenuto e vissuto solo per me stesso: mi sembrava una vita alienata. Ad un certo punto, qualche problema nel lavoro e nel rapporto con la ragazza, uniti alla percezione che maturava in me, mi hanno messo in crisi».
Ed è stato in quel momento che si è aperta una luce capace di illuminare le scelte e la vita di Filippo: «Ho partecipato alla Giornata mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro e lì la catechesi del Papa e quella del responsabile del Cammino mi hanno colpito molto. Mi hanno fatto vedere il mio egoismo e le ragioni per cui, pur avendo tanto, non ero felice».
Così, al ritorno dalla Gmg, Filippo Malachin viene colto dal desiderio di provare a “sfidare” Dio in quella che sempre più gli si manifestava come la sua vera vocazione: «Ho dato la mia disponibilità a entrare in Seminario, non tanto per il desiderio di diventare prete, ma per vedere se era vero che donando la vita a Dio e agli altri si poteva essere felici. E ho visto che la risposta è venuta: è proprio vero».
«Dio mi ha donato una pace che prima non avevo mai avuto». Per via dell’accordo tra il Cammino e il Patriarcato, Filippo entra nel Seminario di Punta della Salute: «Ho deciso, non senza dubbi e resistenze, di verificare il progetto di Dio su di me e, in questi anni di formazione, ho avuto conferma che, scegliendo Dio, sono felice. Oggi posso dire che in tutti questi anni, nonostante le difficoltà, Dio mi ha donato una pace che prima non avevo mai avuto. E in più mi ha fatto il piccolo dono di poter vivere a Venezia, un mio desiderio ora appagato».
Giorgio Malavasi