La tentazione più grande, ma autolesionistica e alla fine diabolica, di fronte all’attentato di Manchester, è di fare ricorso esclusivo alla forza.
Polizia, servizi segreti, indagini, arresti…: la tentazione è di rifugiarsi in questi strumenti, pensando che siano efficaci per sconfiggere il terrorismo.
Pensare una cosa del genere è, in parte, una reazione naturale. Di fronte ad atti che rasentano lo zero assoluto della civiltà, viene da dire che la soluzione è la forza.
Con il risultato garantito, però, che violenza chiamerà altra violenza e gli episodi tragici, anziché calare, aumenteranno. Aumenteranno solo gli odi, i risentimenti, le marginalità, le esclusioni di coloro che, pur vivendo tra di noi, riterremo di dover isolare e mettere sotto controllo perché pericolosi. Stranieri legati ad una certa accezione dell’Islam, perlopiù.
Stranieri che non si sono adattati alla nostra società o che non sono riusciti a trovare la porta tramite cui entrarci. Persone che, isolate e guardate in cagnesco, coveranno desiderio di vendetta e aderiranno più facilmente a progetti violenti.
Non ne vale la pena. Lo Stato di polizia e il cambiamento dei nostri ritmi e costumi di vita, d’altronde, è proprio l’obiettivo del terrorismo.
Noi crediamo sia molto più proficuo, invece, un ricorso equilibrato al bastone e alla carota. O, per usare un linguaggio più preciso, a azioni di polizia ma, in contemporanea, a politiche di integrazione e di formazione culturale.
La nostra società è fondata sulla relazione e sulla fiducia, oltre che sul rispetto delle regole; e questi valori noi dobbiamo conservare ed accrescere, senza metterli in freezer per paura degli attentatori.
Fiducia e relazione sono le nostre armi più efficaci contro ogni terrorismo.
Non vale solo a Manchester, ma anche a Venezia, a Mestre, a Jesolo…
Prima che anche da noi scoppi la pazzia dell’odio, imbracciamo le armi giuste: quelle che “sparano” reti di relazioni e mettono l’altro al primo posto. Queste politiche ci servono. Ne guadagneremo tutti.
Giorgio Malavasi