Don Loris Capovilla era spiato dalla Cia. Lo ha rivelato lo storico Marco Roncalli durante l’incontro di venerdì 19 al Laurentianum di Mestre, tenutosi per ricordare il sacerdote e cardinale veneziano ad un anno dalla morte.
Negli anni in cui era segretario di Papa Giovanni XXIII e in cui le tensioni fra Unione Sovietica e Stati Uniti erano molto forti, mons. Capovilla era considerato troppo progressista e non filo-americano. Il sospetto crebbe intorno a lui in quel clima di guerra fredda, di crisi di Cuba e di minaccia di terza guerra mondiale, per via della posizione di totale sostegno – e forse perfino di consiglio – all’azione di pace del Pontefice.
Marco Roncalli è intervenuto al convegno promosso dalla Fondazione del Duomo di Mestre e da Gente Veneta ripercorrendo la vita di don Loris per flash, legati a carteggi e documenti d’archivio che ora via via riappaiono. «Parlo di lui come sui allievo, per la prima volta da quando non c’è più», ha detto all’inizio, con commozione.
Poi, tornando alla stagione più intensa del suo servizio alla Chiesa: «Durante il pontificato giovanneo fu attaccato, specie da alcuni giornali, come Il Borghese o Il Tempo. A volte si attacca il segretario per far capire al Papa chi è il vero bersaglio. Ma quegli articoli furono causa di sofferenza per mons. Capovilla».
D’altronde, se è certo lo spirito di tale dedizione e servizio con cui don Capovilla assistette il Patriarca e poi Papa Roncalli, è anche vero che il suo pensiero non fu ininfluente. «Aldilà della sua modestia e della giusta riservatezza che un segretario del Papa deve avere – rileva Roncalli – adesso emergono anche le occasioni in cui egli fu rilevante. Penso anche al famoso discorso con cui Giovanni XXIII, l’11 ottobre 1962, aprì il Concilio Vaticano II. Il Papa era già seriamente malato e ci sono elementi per dire che il segretario trasfuse in quel testo qualcosa di suo, in particolare per aiutare Giovanni a mantenere ampio il respiro di quel consesso universale della Chiesa, che qualcuno, in Curia, desiderava si riducesse ad un fatto giuridico».
Ma per cogliere appieno cosa significasse per don Loris Capovilla la testimonianza del Vangelo, Marco Roncalli indica come illuminante il carteggio intrattenuto, tra la fine degli anni ’40 e i primi anni ’50, con don Primo Mazzolari. In uno di quei testi don Loris sottolinea che il cristiano è tale quando serve i poveri, aiuta un giovane volonteroso e in difficoltà a trovare lavoro, soccorre chi ha bisogno; ed è assai meno cristiano colui che si accontenta delle trine e dei merletti delle vesti ecclesiastiche. «L’impegno per i fratelli nel nome di Cristo – rileva Roncalli – è stata la cifra di Capovilla. E il cardinalato cui l’ha elevato Francesco si spiega anche come un riconoscimento del primato che don Loris dette all’idea e all’esperienza del servizio».