“Nel mondo, considerato nella sua globalità, oggi il cristianesimo è vivo e vigoroso, sia pure con modalità e caratteristiche diverse. In Europa, no: qui la a-religiosità sta oggi compromettendo e soffocando la dimensione della spiritualità, rendendo precario anche il riferimento a quelle radici cristiane che pure sono state segno distintivo dell’intero Vecchio Continente”. Muove da qui la riflessione di Fulvio Ferrario, pastore valdese e docente alla Facoltà valdese di Teologia di Roma, della quale è anche decano. A Venezia (venerdì 19 maggio, alle 18.00, al Centro di Studi teologici Pattaro in Campo San Maurizio 2760, con ingresso libero) il prof. Ferrario, partendo dal suo ultimo libro (“Il futuro della Riforma”, editrice Claudiana), allarga la prospettiva di indagine ed affronta il tema “ A 500 anni dalla Riforma: c’è un futuro per le Chiese cristiane?”.
Ferrario definisce “drammatica” l’attuale situazione della fede cristiana in un’Europa stravolta dalla secolarizzazione. Ma considera al tempo stesso la crisi di oggi come occasione per un approfondimento, magari per un ripensamento o forse anche per una ripartenza.
La a-religiosità di oggi – osserva preliminarmente Ferrario – costituisce l’evoluzione e insieme il superamento della secolarizzazione. L’uomo a-religioso si considera del tutto liberato da ogni ipoteca spirituale e di Dio, ormai, non percepisce più neppure l’ombra. Ma non è così per tutti. Infatti nella società post-secolarizzazione la dimensione religiosa diviene, per dirla con Paolo Naso, porosa, assumendo connotazioni molto diverse: si va, ad esempio, dalla spiritualità senza Dio alle nostalgie d’Oriente e al New Age, in una temperie alla quale non sono estranee, almeno in parte, le vicende dei movimenti nella Chiesa cattolica e l’ascesa delle congregazioni carismatico – evangelicali, che stanno rappresentando sempre di più una quarta famiglia ecclesiale all’interno del cristianesimo”. Viene configurandosi infatti “un nuovo tipo di Chiesa accanto a quelle tradizionali, molto più forti sul piano storico, rappresentate da cattolici, ortodossi e protestanti. E questi ultimi, nel quadro attuale, partono da una condizione indubbiamente svantaggiata. Perché da un punto di vista a-religioso un protestante è pur sempre troppo religioso, mentre in ambito post-secolare passa per essere troppo razionale, troppo illuminista”. Nello scenario attuale, dunque, va assumendo aspetti particolarmente drammatici la situazione del protestantesimo. “Minoranza del cristianesimo in un mondo nel quale il cristianesimo è a sua volta minoranza, il protestantesimo – annota Ferrario – sta vivendo almeno in Europa una fase di grande difficoltà. Al punto che taluni critici, peraltro non disinteressati, a 500 anni dalle Tesi di Lutero arrivano a mettere in dubbio la possibilità di un futuro per la Riforma. E il quadro che si presenta oggi è effettivamente critico: emorragia di fedeli, crollo di rilevanza per l’opinione pubblica, anche difficoltà finanziarie”.
Certamente non sottovalutandola, ma prendendola anzi molto sul serio, il prof. Ferrario considera tuttavia l’attuale crisi come “un’occasione per ripensare la ragione d’essere della Riforma”, prendendo quindi ad unico riferimento “l’annuncio di Gesù Cristo, nel contesto dell’Europa secolarizzata”. Nel messaggio biblico – sottolinea Ferrario – la Chiesa protestante ha saputo cogliere e testimoniare aspetti che altrove non sono stati altrettanto valorizzati: il protestantesimo europeo lega oggi la sua prospettiva alla coscienza e all’accettazione del ruolo di minoranza in un cristianesimo già minoritario e contemporaneamente ad un deciso incremento del tasso di consapevolezza, di impegno e di testimonianza sulla via indicata da Cristo.
“Ieri come oggi – sottolinea Ferrario – il protestantesimo è essenzialmente un invito ad essere cristiani nel segno della libertà e della creatività dello Spirito”. E a sgombrare il campo da malintesi o da incerte interpretazioni, Ferrario si riallaccia all’affermazione espressa già nella introduzione al suo testo “Il futuro della Riforma”: “Il punto di vista di questo piccolo libro non è quello di un professore che discute dottrine, bensì quello di un credente evangelico e pastore della chiesa, il quale si interroga su come la tradizione, nel cui solco si è formato, abbia letto la figura di Gesù, a partire dalle domande centrali: come è stato vissuto Gesù dalla Riforma? Che tipo di chiesa ne è derivato? E infine: questa fede e questa chiesa hanno un ruolo da svolgere e, se sì, quale?”.
Senza incertezze la risposta: “Questo testo è scritto nella fiducia che la Riforma abbia un futuro, perché ce l’ha il Cristo che essa testimonia”.
Giorgio Nordio