Le Tagesmutter chiedono aiuto (nella foto di apertura un contesto educativo realizzato dalla cooperativa sociale “La Tata” di S. Martino Buon Albergo, nel Veronese). O almeno chiedono ascolto. In tempo di Coronavirus sono una delle tantissime realtà cadute in improvvisa e imprevista crisi.
«Siamo chiuse dal 24 febbraio e siamo pressoché certe che saremo fra le ultime realtà a riaprire, quando l’epidemia si sarà calmata. Ma come faremo fino ad allora?»: se lo domanda Silvia Grigolin, coordinatrice di Family Way, l’associazione con sede a Quinto di Treviso, che ricomprende otto spazi Tagesmutter.
In sostanza, si tratta di case private dove vengono accolti, per metà o per l’intera giornata, bambini dai 3 mesi ai 13 anni, per un massimo di 5 minori contemporaneamente. Un ambiente domestico, dove una mamma (raramente un papà) si occupa di accudire i piccoli. Il tutto in un contesto di comfort, competenza e qualità dell’ambiente del servizio prestato.
Un’esperienza, quella delle Tagesmutter – letteralmente “mamme del giorno”, in tedesco – nata in area germanica e discretamente sviluppatasi anche in Veneto. Più diffusi nel Veronese, questi spazi sono stati aperti anche nel Trevigiano e nel Veneziano.
E fra queste due province opera, appunto, l’associazione Family Way: «Abbiamo un servizio anche a Mestre», precisa Silvia Gregolin. «Il problema è che adesso siamo chiusi, e non vediamo un futuro. Abbiamo fatto sconti alle famiglie ma, non percependo contributi pubblici, se i ricavi si avvicinano a zero, chi gestisce gli spazi si trova in forti difficoltà».
Così Silvia Grigolin ha scritto a tutti i sindaci dei Comuni dove gli spazi sono aperti: «Alcune amministrazioni hanno dimostrato sensibilità e ci fanno capire che intendono mettere qualcosa a bilancio per noi, altre protocollano la domanda e ci lasciano nel limbo, altre ancora non dicono proprio niente».
La cassa integrazione, aggiunge la coordinatrice dell’associazione, non potrà essere utilizzata, mentre pare possibile accedere al contributo di 600 euro. «Ma domandiamo che si tenga conto del valore educativo e sociale della nostra esperienza. Così che si possa superare questa crisi e riprendere».