«Sono tutti straordinariamente bravi e generosi»: il direttore della Caritas veneziana, il diacono Stefano Enzo, si complimenta con gli operatori e i volontari che, in questo tempo di emergenza, continuano a garantire il servizio nelle strutture della carità.
In effetti il servizio è ancor più esemplare nel momento in cui ci sono ragionevoli timori di contagio. Ma ci sono anche tante persone in condizioni di disagio estremo che non avrebbero altrimenti un pasto o un tetto per la notte.
Alla mensa La Tana, a Venezia, si dà da mangiare a mezzogiorno e sera a quasi una cinquantina di persone. Undici sono i senza dimora che risiedono stabilmente nella mensa-dormitorio: «Dormono ciascuno in una stanza e non abbiamo nuovi ingressi», spiega il diacono Enzo, che aggiunge: «Trascorrono il tempo qui e escono, con l’autocertificazione, solo per andare in farmacia o per ritirare la pensione».
Poi c’è la mensa: sono 35, mediamente, gli utenti. Non sono solo senza dimora, ma anche veneziani in difficoltà, che hanno una casa ma che per mangiare fruiscono del servizio di carità. «A tutti misuriamo la temperatura e poi facciamo entrare gli ospiti in modo contingentato, a 5-6 per volta; offriamo a tutti, a pranzo, un primo caldo e un panino. Alla sera per tutti un cestino di prodotti».
I volontari che in genere servono in mensa si sono assottigliati: non più giovani, per parecchi di essi è stato prudente ritirarsi almeno finché l’epidemia imperversa. Così si sono resi disponibili gli scout della zona, che non solo danno una mano alla Tana, ma anche a Casa Bakhita, la residenza per donne in difficoltà aperta pochi mesi fa a Sant’Elena. «Lì – riprende Stefano Enzo – abbiamo quattro ospiti e, per il momento, non ne accogliamo altre».
In terraferma ci sono le strutture per i migranti, a Mira, e per poveri e senza dimora, a Mestre. «A Casa San Raffaele a Mira Porte – prosegue il direttore della Caritas – gli ospiti vivono in casa, assistiti con continuità e generosità dal responsabile della struttura, e fruiscono degli aiuti del Banco alimentare».
A Marghera c’è la mensa-dormitorio Papa Francesco: «Sono 16 gli ospiti fissi, che dormono al massimo in due in una stanza e mangiano separatamente rispetto agli utenti della sola mensa. Questi ultimi sono una quarantina, che cenano, con ingressi contingentati e dopo la pulizia accurata che viene loro chiesta».
Ca’ Letizia, infine, in via Querini a Mestre: «Lì – conclude il diacono Stefano – la Caritas interviene con i suoi operatori e volontari a sostegno della San Vincenzo. La cucina è chiusa e forniamo i prodotti del catering di cui ci serviamo. Ogni giorno una media di 120 persone mangia un primo caldo e un panino».
Giorgio Malavasi