Una situazione esplosiva. Alimentata anche dalle immagini delle rivolte di detenuti nelle altre carceri italiane. Anche il carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia ha vissuto momenti di fortissima tensione: alcuni detenuti hanno inscenato una protesta, svuotando estintori e danneggiando alcuni oggetti all’interno del carcere. Hanno anche tentato di appiccare un incendio. Sopra il carcere, che si trova nella zona di Santa Marta, ha volato a lungo un elicottero, mentre varie pattuglie delle forze dell’ordine hanno presidiato l’area intervenendo con gli idranti. Si era anche temuto che vi fossero degli evasi, tanto che il ponte della Libertà è stato bloccato per qualche tempo. La situazione però sembra ora rientrata. E non ci sono state conferme in merito a presunte evasioni.
Le restrizioni per impedire che si verifichino contagi all’interno dei penitenziari italiani (stop ai colloqui con i familiari, sostituiti dalle telefonate) hanno provocato hanno provocato reazioni anche violente nelle carceri. Anche a Venezia, dove a dire la verità la maggior parte dei detenuti sembrava aver compreso le ragioni dei provvedimenti. <C’era stato molto dialogo proprio per spiegare i motivi per cui venivano adottate alcune misure. L’obiettivo è salvaguardare la salute dei detenuti, perché il rischio del contagio viene dall’esterno. Ecco perché i colloqui sono stati sospesi>, commenta a GV il cappellano del carcere don Antonio Biancotto. Al posto dei colloqui sono state concesse sei telefonate la settimana: <Praticamente una al giorno. E tutte le associazioni, compresi noi volontari della diocesi – spiega il cappellano – ci siamo attivati perché i detenuti abbiano il denaro per quelle telefonate>. Fino a martedì mattina don Antonio era entrato regolarmente in carcere per incontrare i detenuti e offrire loro assistenza: <Ovviamente rispettando tutte le precauzioni necessarie, ho potuto avere alcuni colloqui con loro. Purtroppo le immagini viste in televisione hanno alimentato la tensione>.