Negli ultimi anni, grazie anche alla riforma del processo di nullità matrimoniale di Papa Francesco, si è registrato un rinnovato interesse delle persone verso la possibilità di rivolgersi al Tribunale ecclesiastico per richiedere una dichiarazione di nullità di matrimonio. Nel 2014 nelle diocesi del Triveneto si era toccato il minimo, con 165 nuove cause introdotte, per poi risalire gradualmente fino a superare dal 2016 in poi le 200 cause. Ora si registra una lieve flessione scendendo dalle 236 del 2018 alle 206 del 2019. Ma si può considerare, questo, un calo fisiologico.
I dati sono stati resi noti, come di consueto, nell’ambito dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Triveneto (Tert), che si è tenuta giovedì 20, alla presenza del Patriarca mons. Francesco Moraglia e con la relazione del prof. Manuel Arroba Conde, attualmente giudice della Rota spagnola e Direttore della sezione di Madrid dell’Istituto Giovanni Paolo II.
Fondamentale è l’accompagnamento. La prima considerazione da fare, dunque, è che oggi sono molto più numerose rispetto a un tempo le persone che prendono in considerazione l’opportunità di ottenere la nullità matrimoniale. «Solitamente – commenta il vicario giudiziale don Adolfo Zambon – le persone prendono in considerazione la possibilità di rivolgersi al Tribunale ecclesiastico su consiglio di qualche sacerdote, oppure perché stanno vivendo un contesto di accompagnamento pastorale». Fondamentale, dunque, il ruolo di chi – sacerdote o laico – si trovi ad accompagnare spiritualmente una persona che abbia vissuto, recentemente o meno, la dolorosa esperienza della separazione o del divorzio. «E’ questa una possibilità da tenere sempre più presente», sottolinea appunto il vicario giudiziale.
Esaminate in un anno 738 istanze. Tornando ai dati, l’aumento di cause introdotte negli ultimi anni ha fatto sì che rimangano pendenti, da un anno all’altro, numerose istanze: erano 532 a inizio 2019, siamo saliti a 546 a fine anno. E questo nonostante un irrobustimento della struttura del Tribunale, nelle diverse sedi diocesane, che ha portato a esaminare, nel solo anno 2019, ben 738 cause di prima istanza. L’attività istruttoria è molto efficace e il “filtro” posto a monte fa sì che il 90% delle cause sfoci in una sentenza affermativa, cioè conduca alla nullità matrimoniale: delle 187 cause terminate lo scorso anno, con il processo ordinario, ben 167 hanno avuto sentenza affermativa. A queste poi si devono aggiungere le istanze che hanno seguito l’iter del “processo breve”, ugualmente introdotto da Papa Francesco qualora si determinino alcune precise condizioni: in questo caso il procedimento di nullità viene seguito direttamente dal vescovo (è questo il tema trattato giovedì all’inaugurazione dell’anno giudiziario dal prof. Conde). Il numero è ancora esiguo (5 terminate nel 2019), ma si tratta di una possibilità che va considerata con molta attenzione. Una delle condizioni è che le due parti siano entrambe d’accordo e poi che vi sia una manifesta nullità: «Questo significa – sottolinea don Zambon – che le persone, terminata l’esperienza di vita coniugale, riescono a compiere un passo avanti sulla via della carità, superando le tensioni e le divisioni, rileggendo in modo sereno la propria vicenda coniugale».