È morta Maria Vingiani. Poche settimane prima di compiere 99 anni la fondatrice del Sae, il Segretariato Attività ecumeniche e una delle donne veneziane più impegnate per il Patriarcato e per la Chiesa italiana si è spenta.
Una vita attivissima, la sua, sempre nel segno di un cristianesimo vissuto in profondità, con acutezza e lungimiranza. Tornata da Roma, gli ultimi anni li ha trascorsi in un appartamento a Mestre, insieme alla sorella.
Ma un segmento importante della vita e dell’opera di Maria Vingiani è legato a Venezia. Riportiamo qui un articolo uscito nel 2014, dopo una conversazione con lei, che ricordava la sua giovinezza nella città d’acqua e il rapporto con il Patriarca Roncalli.
“Assessora”, cioè il femminile di “assessore”, non è una conquista delle donne in politica dei giorni nostri. E’ stato il Patriarca Roncalli a coniare il vocabolo. Lo ricorda oggi Maria Vingiani: è per lei che, sessant’anni fa e precorrendo i tempi, il card. Roncalli pensò di mettere una “a” al posto della “e”.
A metà degli anni ’50, infatti, Maria Vingiani – poi fondatrice del Sae, il Segretariato attività ecumeniche – era assessore (diciamolo al maschile, per iniziare…) alle Belle Arti del Comune di Venezia.
«Con lui si parlava di Mauriac…». La Vingiani era allora una giovane e battagliera amministratrice: «Andavo spesso da lui, in palazzo patriarcale. Entravo nel suo salottino e lui cominciava a raccontarmi dell’ultimo romanzo letto nella notte. Roncalli leggeva molto e conosceva i romanzi francesi dell’epoca; ma non si metteva lì per fare vedere che aveva letto l’ultimo libro di Francois Mauriac, ma con il Patriarca si poteva parlare di un narratore in voga e di letteratura oppure di arte, ma per passione culturale. Soprattutto, però, aveva l’abitudine di mettere a proprio agio il suo interlocutore parlando di cose che potevano essere d’interesse per lui. Partiva dall’altro, insomma, mai da sé. Fosse partito da sé, avrebbe parlato degli ultimi guai della diocesi. Invece no. Roncalli, in questo, era unico, perché era paterno».
Quella volta che lo portai in cima a una chiesa….». Nei suoi colloqui, e dato il suo ruolo, la Vingiani gli parlò una volta di una tela di Tintoretto che il tempo e infiltrazioni d’acqua stavano rovinando in una chiesa: «Il parroco non provvedeva e io non sopportavo il degrado. Allora andai dal Patriarca e lo convinsi a fare un sopralluogo, e volli che salisse le scale, insieme a me, per vedere dall’alto, perché è solo dall’alto che ti rendi conto bene di cosa succede. Roncalli salì con me e intanto don Loris, che attendeva giù e aveva paura che il Patriarca si facesse male, mi diceva: “Ma signorina, non pensa di stare esagerando?”».
Fatto sta che il Patriarca sale fino in cima e, quando è su, la Vingiani gli dice: «Eminenza, guardi, da qui sopra si vede lo spazio spirituale della chiesa… E lui si incantava a guardare, ed era molto contento. E alla fine mi disse: “Aveva proprio ragione la nostra assessora…”».
“Assessora”, appunto. Come quell’altra volta che, alla celebrazione della prima Giornata della donna, nel cortile di Palazzo Ducale, Maria Vingiani interviene e, dopo di lei, parla il Patriarca. Che attacca: “Bisognava proprio venire a sentirla la nostra assessora…”.
Con simpatia e un pizzico di ironia. «Roncalli aveva foggiato ufficialmente – commenta Maria Vingiani – il femminile di “assessore”. Lui lo disse con simpatia e un pizzico di ironia. Aveva l’abitudine, anche nelle cose serie, di avere una cordialità affettuosa e paterna nei miei riguardi: sembravo una ragazzina, nei suoi confronti, per età e cultura. Per cui lui si concedeva queste piccole giocosità che facevano anche ridere, ma che erano un modo di esprimere affetto e vicinanza».
Giorgio Malavasi