Compirà 100 anni il prossimo 3 gennaio Edgardo Rosteghin, veneziano oggi trapiantato a Mogliano Veneto, con una lunga storia – a tratti avventurosa – alle spalle. E con un presente ancora di grande vivacità e autonomia.
Vive da solo, fino a tre anni fa guidava l’auto, e solo lo scorso anno ha “appeso al chiodo” la bicicletta accogliendo le suppliche di moglie e figli preoccupati, giustamente, per la sua incolumità. Oggi si dedica all’enigmistica, alle passeggiate e non disdegna i viaggi: solo due anni fa, quindi a 98 anni, è stato in crociera, potendo così vantare il record di essere il più anziano crocierista…
Una prigionia rocambolesca e… fortunata. La sua storia inizia a Venezia il 3 gennaio del 1920, figlio unico di Angelina Bruni e Armando Rosteghin. Va a scuola e arriva alla licenza media che, per l’epoca, è già moltissimo. Allo scoppiare della Seconda Guerra Mondiale è inviato come fante in Africa, dove viene catturato dagli inglesi: prima viene portato nel campo di prigionia di Zonderwater, Pretoria, in Sudafrica e poi – costeggiando Antille, Stati Uniti e Canada per evitare gli attacchi degli u-boot tedeschi – giunge in Inghilterra, dove viene rinchiuso nel campo di concentramento di Northampton.
Qui mette a frutto le sue doti di ingegno e creatività improvvisandosi archivista-segretario, ma anche enologo, in grado di estrarre una sorta di vino-liquore dall’uva passa, e perfino orologiaio: senza alcuna esperienza in merito, smonta e rimonta orologi, limitandosi a lubrificarne i meccanismi, ma il più delle volte l’operazione si rivela più che sufficiente per far ripartire le lancette. E poi, racconta il figlio Stefano Rosteghin che per GV ha riassunto le vicende biografiche del padre, diventa addirittura interprete ufficiale del campo, grazie alla sua dote innata per l’apprendimento delle lingue: «L’inglese lo aveva imparato in fretta durante il viaggio in nave e in SudAfrica». Da interprete ha più libertà di movimento e gli capita così di uscire dal campo. In una di queste “uscite” conosce una giovane inglese con cui intreccia una «breve ma intensa storia d’amore».
Il matrimonio deciso da una lettera. Finisce la guerra e viene rimpatriato. Edgardo, che si faceva chiamare Eddy (ma per la famiglia era Claudio), preso dall’euforia del ritorno a casa, dimentica presto la ragazza che però aspetta un bambino. Il padre di lei gli scrive e, per conoscenza, manda una lettera anche al parroco della parrocchia di San Francesco della Vigna, per richiamarlo ai suoi doveri. Eddy, pur giovane e disinvolto, ha ben chiaro il codice d’onore imparato in famiglia e non si tira indietro. In gran fretta viene programmato il matrimonio.
E’ la fine dell’estate del 1946 quando Jean Harris, giovanissima, parte da Northampton da sola (la famiglia non poteva permettersi più di un biglietto del treno), attraversa l’Europa ridotta in macerie, fino a giungere a Venezia. Arriva alla stazione di Santa Lucia all’alba, ma ad attenderla non trova nessuno. «Mio padre, quel giorno, convinto che la mamma sarebbe arrivata soltanto il giorno successivo, stava allegramente facendosi la barba in casa». La giovane ha in mano un foglietto con l’indirizzo, nient’altro. Parla solo inglese, ma fortunatamente trova un signore gentile che l’accompagna fino all’altro capo della città. Il suo arrivo è quindi una sorpresa, soprattutto per Eddy, ma si tramuta subito in una grande festa da parte di tutta la famiglia.
Gli anni del boom e della felicità. Stefano nascerà nel gennaio del 1947 e dopo due anni nascerà Luciana (Lucy per tutti). «Trascorrono così forse gli anni più belli della vita di papà, i figli crescono sani, il posto di lavoro è sicuro ed il boom degli anni ’60 lo vede molto impegnato con il suo secondo lavoro (geometra), tanto che per molti anni quasi tutte le domeniche della famiglia vengono trascorse a Punta Sabbioni, Cà Savio, Treporti e Cavallino, per accompagnare papà nella visita ai suoi clienti ed ai cantieri di lavoro».
Purtroppo Jean muore ancora giovane, all’età di 45 anni. I figli sono adulti e già sposati, mentre Eddy, incapace di rassegnarsi a vivere da solo, dopo due anni si risposa. E con la nuova moglie avrà un terzo figlio. Gli anni passano, diventa pluribisnonno e intanto si dedica all’arte, realizzando apprezzatissimi dipinti.
Adesso, ancora in piena forza e lucidissimo, si appresta a festeggiare il traguardo dei cento anni. Con gli auguri della famiglia e… di GV.
Serena Spinazzi Lucchesi