Padre Olinto Marella, il sacerdote di Pellestrina (1882-1969) che ha speso una vita per aiutare i bambini e i ragazzi poveri, sarà beato. Il bollettino della Sala Stampa del Vaticano ha promulgato venerdì 29 novembre il decreto che completa l’iter del processo di beatificazione.
Un nuovo esempio di santità lagunare, verrebbe da dire, dato che padre Marella è figlio, appunto, dell’isola di Pellestrina, dove nasce da una famiglia benestante – il padre era medico condotto – e dove vive la gioventù, mostrando presto un’inclinazione verso la vita sacerdotale.
Sacerdote nel 1904, don Olinto è un giovane aperto e brillante; nel 1909, con l’aiuto del fratello Tullio, studente di ingegneria, progetta il Ricreatorio popolare a Pellestrina e, in breve tempo, raccoglie attorno a sé i bambini della parrocchia, educandoli con quei metodi moderni che gli procureranno non pochi problemi. Nello stesso anno, il 25 settembre 1909, infatti, don Olinto Marella viene sospeso “a divinis”, a causa della ospitalità data allo “scomunicato” don Romolo Murri, suo amico fin dal seminario, tra i fondatori del partito cattolico in Italia e teorico del cattolicesimo sociale allora avversato dalle gerarchie religiose.
Con molta amarezza don Olinto è costretto a lasciare la sua terra e come insegnante comincia a peregrinare in varie città italiane dove riesce a ottenere le cattedre di insegnamento. Insegna filosofia nel Liceo Canova di Treviso; poi va a Messina, Pola, Rieti, e Padova. Nel 1924 approda a Bologna come insegnante di storia e filosofia nei licei Galvani e Minghetti, dove rimarrà in cattedra fino al 1948.
Il 2 febbraio 1925 il card. Nasalli Rocca toglie a don Olinto Marella la sospensione a divinis, lo riabilita e lo accoglie nella diocesi di Bologna, dove può finalmente esercitare il suo sacerdozio, soprattutto nella periferia della città, tra i poveri e i derelitti. Tra l’altro, ospita in un appartamento dieci bambini orfani e dà rifugio a perseguitati politici.
Il periodo bellico lo vede autore di innumerevoli gesti di coraggio e altruismo; è costretto ad accogliere nelle sue case rifugio un impressionante numero di orfani, di sbandati, di poveri di ogni genere.
Costruisce chiese, si consuma giorno e notte alla questua davanti ai luoghi di spettacolo ed in alcuni punti strategici della città, e riesce anche ad ottenere dalla nettezza urbana un vecchio magazzino, che nel 1948 sarà trasformato nella prima rudimentale “Città dei Ragazzi” in via Piana a Bologna. Lo stesso anno lascia l’insegnamento per dedicarsi a tempo pieno ai “suoi ragazzi”. Gli anni a seguire vedono Padre Marella protagonista di diversi riconoscimenti come i due “Premi della Bontà” da parte della Regione e della Provincia; il premio “Notte di Natale” Angelo Motta.
La sua fama di santità cresce a dismisura davanti agli occhi del popolo, mentre per alcuni suoi confratelli di sacerdozio è un personaggio da tenere sotto controllo perché troppo evangelico e poco canonico; infatti fino a che è stato in essere il famoso sant’uffizio, veniva richiesta annualmente una relazione scritta al vescovo di Bologna, sul comportamento di questo sacerdote troppo originale e innovatore.
Nel 1960 Papa Giovanni XXIII scrive una lettera al Card. Lercaro a favore dell’”Opera assistenziale del mio carissimo amico e Padre Marella”, inviando l’offerta di un milione di lire.
Il 6 settembre 1969, attorniato dai suoi ragazzi, si spegne all’età di 87 anni. Ora, tra breve, sarà proclamato beato.