“Chi ama si mette in movimento, è spinto fuori da se stesso, è attratto e attrae, si dona all’altro e tesse relazioni che generano vita. Ciascuno di noi è una missione nel mondo perché frutto dell’amore di Dio”. Oggi sento così concrete nella mia vita queste parole di Papa Francesco. Qualche mese fa ho scelto di tornare nella nostra missione diocesana in Kenya e trascorrervi l’estate. La parrocchia di San Marco si trova a Ol Moran, un villaggio lontano dalle città, in mezzo alle campagne in una regione centrale e semiarida; guidata dal parroco don Giacomo Basso, promuove attività pastorali e progetti nell’ambito della carità e dell’educazione. Questi ultimi sono i più importanti, in particolare la scuola primaria parrocchiale “Tumaini Academy”, dove ho passato gran parte del tempo in questi mesi sia durante la settimana sia nel weekend con i ragazzi che vivono nel convitto.
A Tumaini, che in swahili significa Speranza, ho riscoperto l’importanza di valori come il vivere in comunione, sia tra gli insegnanti sia nelle stesse classi di ragazzi provenienti da situazioni diverse (tribù, lingua, cultura, situazione familiare) ma anche la responsabilità nei confronti della società del domani, del rispetto per l’ambiente in cui viviamo e per la Terra che abitiamo. Tumaini è un luogo in cui si respirano pace e fratellanza, ma anche passione, il gruppo di insegnanti infatti è molto affiatato e recettivo nei confronti di nuove proposte, questo grazie all’esempio di impegno e passione di don Giacomo. Vivere in questa comunità mi ha dato la possibilità di incontrare tante persone, ed è proprio la ricchezza di questi incontri che ha lasciato un segno nella mia vita.
Nelle mie giornate, nonostante fossero piene sin dall’alba, quello che non mancava era il tempo di fermarsi, parlare con le persone che incrociavo per le vie della missione, nelle strade del villaggio o andando a scuola. E ancora oggi, nella mia vita di figlia, insegnante e educatrice, sento presente ciascuno di loro e la loro forte testimonianza di Fede, una Fede gioiosa e forte, da cui trae nutrimento tutto il resto. Mi hanno insegnato il saper essere grati e vivere il tempo a disposizione come un dono, il saper accettare con fiducia le difficoltà e gli imprevisti, il voler condividere il tanto e ma anche il poco, il saper stare con chi si ha accanto. Tra tutti gli incontri ce n’è stato uno speciale con una nonnina che sono andata a trovare più volte insieme alle suore: lì nella sua casetta di fango malconcia ci aspettava e quando ci vedeva cominciava prima coi canti di ringraziamento poi coi suoi racconti di quando era giovane. Suor Monica teneva la conversazione e traduceva per noi. Arrivava, poi, il momento di lavarla e medicarle mani e piedi.
Mentre le suore puliscono casa e cucinano qualcosa, io resto con lei. Lei è seduta su uno sgabello, io mi accuccio per essere all’altezza dei suoi occhi. Lei comincia a parlarmi nella sua lingua incomprensibile, le sorrido e provo a dirle qualcosa in swahili, ma la cosa più bella è comunicare guardandosi e tenendosi per mano. E così, nel cortile di fronte alla sua casetta, con il sole che scotta e che filtra tra i rami di eucalipto, le galline che scorrazzano intorno a noi seguite dai pulcini, l’odore di stalla e di terra, il rumore del vento che muove le fronde e il suono della sua voce roca, che mi sento bene e ringrazio per il dono inestimabile di quell’incontro.
Per saperne di più sulla missione di San Marco a Ol Moran visitate il sito www.olmoran.it e seguite su FB “Saint Mark Ol Moran”.
Anna Pistilli (Gruppo Giovani di AC)