La costa? Arretrerà fino a Mira. E’ uno scenario apocalittico, ma purtroppo realistico, quello dipinto da Alvise Benetazzo, ricercatore del Cnr Ismar di Venezia, intervenuto al Centro culturale Renato Nardi della Giudecca all’incontro dal titolo “Cambiamenti climatici, scenari futuri”. L’ipotesi peggiore, ha spiegato il ricercatore, si verificherebbe nel caso in cui dovessimo in futuro mantenere l’attuale emissione di CO2, ma anche riuscendo a ridurre le emissioni, si prevede comunque un aumento significativo della temperatura. «Il Mediterraneo – ha spiegato l’ingegnere – per la sua posizione sta subendo le modifiche più accelerate, con un aumento della temperatura media di 0,5 gradi in più rispetto agli altri mari. La previsione è che subisca un innalzamento del livello di 50 cm nel 2050 e di 1 metro nel 2100. Il nostro Adriatico, anche nello scenario migliore, registrerà un aumento di 20-30 cm. Nel 2100 se la situazione non migliorerà la fascia costiera arriverà a Mira, con la necessità di interventi di protezione radicali». Responsabili di questa situazione sono principalmente i gas serra: «Stiamo ri-carbonizzando l’atmosfera, con un incremento costante di anidride carbonica dagli anni ’60, che è solo di origine umana. E quest’anno la presenza di CO2 ha raggiunto il record».
Le ricadute sull’economia. Vanno presi al più presto provvedimenti globali, anche al di là del nostro stile di vita. Provvedimenti che devono riguardare l’economia, ha sottolineato il prof. Carlo Giupponi, del dipartimento di Economia dell’università Ca’ Foscari. Il docente ha spiegato come si sia provato ad immaginare l’evoluzione dell’economia del pianeta e in base ad essa le emissioni di gas serra, la possibile evoluzione del clima e le conseguenze per l’uomo. «Perché aspettiamo? – si chiede – Abbiamo talmente tante evidenze che il mondo sta cambiando che la cosa più sciocca è sottovalutarle». I cambiamenti climatici, dice, sono una delle sfaccettature dei problemi che ha il pianeta e va affrontata insieme agli altri. «Sarà difficile avere risorse per fare una politica climatica nuova a sé stante, ma tutte le scelte che facciamo dovrebbero essere sottoposte a una validazione climatica: verificare che le scelte politiche, sociali, economiche non danneggino il clima. La scienza è essenziale per informare le decisioni da prendere per le società, aiutare a definire le opzioni, valutare le alternative, prevedere le conseguenze, ponderare i rischi. Serve una spinta dal basso molto forte verso i governi e verso l’economia».
Non si può cercare la soluzione ottima, suggerisce l’economista, ma va cercata quella più robusta, con minori probabilità di fallimento, ma anche più flessibile. E cita l’esempio di Venezia che nei secoli è riuscita ad adattarsi all’aumento del livello medio del mare di 70 cm dal ’700. Su una perdita di biodiversità senza precedenti si è invece soffermato Paolo Perlasca del Wwf: «Un milione di specie verranno meno nei prossimi 100 anni», ha riferito il responsabile delle Dune degli Alberoni, richiamando anche lui al ruolo che devono avere la politica e l’economia, perché le ricadute saranno drammatiche. «Se si andasse verso un aumento consistente di temperatura alcuni paesi potrebbero subire un crollo del Pil; così come essere costretti alla migrazione. E ha parlato di come i cambiamenti climatici dovuti allo scioglimento dei ghiacci artici, zona dove l’aumento delle temperature è molto più consistente che da noi, abbiano determinato una maggiore frequenza di eventi estremi come Vaia, che ha colpito anche la vegetazione degli Alberoni, con onde di oltre 1,5 m che hanno sovrastato le dune e portato via una porzione di spiaggia. Cosa fare? «Ridurre l’uso di combustibili fossili a favore delle energie rinnovabili, decarbonizzare il settore elettrico ed elettrificare i consumi finali, adeguare l’efficienza energetica degli edifici, ridurre le emissioni legate al settore agricolo o all’uso del suolo, aumentare la superficie forestale, mantenere le superfici naturali e la biodiversità».
Carlotta Venuda