A luglio 2019 sono 3709 i giovani in abbandono scolastico in Veneto: circa il 6,31% in più rispetto all’anno precedente.
Aumentano in Veneto i casi di dispersione scolastica. Lo segnalano i dati dell’assessorato alle Politiche dell’Istruzione. E l’assessore Elena Donazzan commenta: «È fondamentale intercettare immediatamente e tempestivamente i ragazzi in dispersione. Ce lo conferma l’esperienza del progetto “Fuori Scuola”».
Nel gennaio 2018 l’anagrafe regionale studenti aveva individuato 3.489 ragazzi tra i 14 e i 17 anni in evasione del proprio obbligo scolastico: come si presenta nel 2019 la situazione?
A luglio 2019 i soggetti in abbandono scolastico censiti dall’anagrafe regionale degli studenti sono 3709, di cui 2246 maschi e 1462 femmine. Prevalgono i casi in cui sono coinvolti studenti con cittadinanza italiana.
Questo dato è sintomo di qualche disagio sociale che si sta diffondendo?
Il tema della dispersione scolastica è variegato e affrontarlo con risposte standard rischia di portarci fuori strada. Il denominatore comune è l’abbandono, o la non frequenza, durante l’obbligo di istruzione. E’ difficile capirne le cause, ma una proposta di riflessione può essere proprio la standardizzazione del modello educativo: siamo tutti diversi, con storie diverse. E un modello di apprendimento unico non è sempre adatto a ciascuno dei nostri ragazzi, che hanno provenienze e vissuti spesso incompatibili con il modello generale. E non si tratta, se non in rari casi, di disagio sociale; anzi, il più delle volte si tratta di ragazzi brillanti, che vengono da famiglie ordinarie.
Esiste qualche esperienza di percorso di studi personalizzato?
A parte il ruolo eccezionale dei nostri percorsi di Iefp (formazione professionale), che riescono in molti casi a dare una guida alla “intelligenza delle mani”, non esiste un modello istituzionale di percorsi modulari e personalizzati. Negli Iefp vengono usate modalità diverse di apprendimento come laboratori, stage, esperienze in azienda che sono state rimotivanti rispetto alla tradizionale didattica d’aula. Spesso i nostri giovani hanno bisogno di contesti diversi, che ne stimolano la motivazione e la voglia di raggiungere obbiettivi.
Il progetto “Fuori Scuola”: come è nato e qual è l’idea di fondo che ha portato alla sua realizzazione?
“Fuori Scuola” richiama fin dal nome la volontà di esplorare un modello non ordinario, di sviluppare quindi una serie di progetti a partire da approcci personalizzati con risposte “alternative”.
A partire da una esperienza del Cpia di Treviso, al tempo diretto dal prof. Orazio Colosio, nella quale sono state messe in sinergia le competenze dei CPIA (Centro Provinciale per l’istruzione degli adulti), del CPI con il supporto degli organismi di formazione accreditati, si è potuto sperimentare per un biennio un modello nuovo, su base provinciale, aiutato da un importante finanziamento regionale.
Se si dovesse fare il punto della situazione, si direbbe che il progetto stia portando i risultati sperati?
L’esperienza di Fuori scuola ci ha insegnato qualcosa: è fondamentale intercettare immediatamente e tempestivamente i ragazzi in dispersione. Deve essere quindi attivata una presa in carico individuale. I metodi devono essere alternativi rispetto alle soluzioni classiche di formazione, attivando risorse di tipo esperienziale, ma anche in grado di toccare la dimensione artistica, negli ambiti della musica, delle arti figurative e di molte altre discipline.
Jacopo Brendolise