Prima un pugno. Poi due ceffoni che gli rompono gli occhiali. E poi insulti, volgarità e vandalismi. Ad essere vittima di tanta violenza – verbale e fisica – è don Roberto Trevisiol, parroco di Chirignago.
Il racconto di quel che è successo lo fa lui stesso nel foglio parrocchiale “Proposta”: «Questa settimana – racconta – ho avuto a che fare con le volanti della polizia più di tutti gli ultimi cinque anni. Mentre ero al campo sono stato avvertito da chi usava il campetto che di notte giovani vandali ne avevano fatte di tutti i colori rompendo, sporcando, tentando di entrare nella struttura, costruendo con i tavoli una torre per salire sul tetto e salendovi facendo dei danni sui “coppi”. Tornato a casa ho chiamato il 113 che ha mandato una pattuglia per informarsi della situazione. Nel tardo pomeriggio, appena concluse le attività di chi in quel momento stava usando il luogo, sono entrati gli stessi che avevano fatto i loro comodi nei giorni precedenti, cominciando subito con l’opera di devastazione. Avvertito, sono intervenuto di corsa, ho chiamato fuori i vandali, li ho aspramente rimproverati, e mentre qualcuno chiamava la polizia ne ho seguito uno, apparentemente il capo, per non permettergli di dileguarsi. Naturalmente quello mi insultava perché lo seguivo e ad un certo momento, con gli occhi fuori dalle orbite, con un ghigno da straduro, per incutermi paura mi ha gridato: “ma sai che io sono serbo!” Ho dovuto presentare un esposto presso il commissariato di Marghera e l’ho fatto nel pomeriggio di giovedì».
Ma è solo il preludio: «Poche ore dopo vengo di nuovo chiamato perché ci sono altri ragazzi dentro il campetto che in quell’ora è chiuso. Li chiamo fuori e li rimprovero e subito uno, il capetto di turno, mi colpisce con un pugno. Chiamo il 113 e decido anche questa volta di seguire il tizio per evitare che si dilegui e chi s’è visto s’è visto. Dalla piazza arrivo fino a via Marovich tra insulti del tipo: “prete pedofilo di merda, non rompermi i co…” e via così. Poiché continuo a seguirlo mi grida: “ma sai che vengo dall’Albania!” (per dire: sta’ attento) e poi all’improvviso mi colpisce con due potentissimi ceffoni che mi rompono gli occhiali e mi fanno perdere una lente».
Una violenza inaudita solo perché il sacerdote ha “preteso” di difendere i beni della parrocchia e il rispetto di regole minime di convivenza.
«Finalmente – continua don Roberto – arrivano gli agenti (a proposito: un grande, grandissimo complimento a questi ragazzi che si sono dimostrati in tutti gli interventi di una professionalità incredibile: calmi e fermi, capaci di gestire i fatti come se da sempre lo avessero fatto: bravi) e solo allora ritorno a casa. Dico: ma è possibile che dei ragazzini possano fare quello che vogliono in casa d’altri, possano offendere con un linguaggio che fino a poco tempo fa non apparteneva nemmeno alla suburra, che possano picchiare il parroco settantenne e, per legge, debbano rimanere impuniti? Di fronte a questi fatti si può: 1) Essere buonisti e dire: poveri ragazzi… 2) Essere codardi e guardare da un’altra parte… 3) Essere determinati a chiedere il rispetto per sé e per tutti, anche a costo di essere minacciati, offesi ed alla fine bastonati. Io sto per la terza opzione».