«Condurremo la parrocchia insieme, facilitati dall’amicizia e dal fatto che ci conosciamo da mezzo secolo e che abbiamo avuto le stesse persone di riferimento: don Giuliano Bertoli, don Carlo Seno, il Patriarca Marco, il Patriarca Angelo…». Don Valter Perini sintetizza così quel che succederà: lui è il nuovo parroco di Santa Barbara ma, insieme a lui, ci sarà don Guido Scattolin, “parroco emerito”, ma in effetti «prete attivo e con cui si lavorerà insieme, ogni giorno. Semplicemente, don Guido non avrà più la responsabilità piena e totale della comunità, perché deve pensare alla sua salute e proteggersi un po’. Ma condurremo Santa Barbara insieme».
L’ingresso ufficiale di don Valter a Santa Barbara sarà probabilmente in ottobre; in effetti, comunque, sono già quindici mesi che don Perini opera in parrocchia: «Questa nomina, per cui ringrazio il Patriarca Francesco, la prendo come un dono che mi viene dal Signore e la accolgo con grande gioia. Corrisponde anche ad un mio desiderio: sentivo che era giunto il momento di terminare una certa esperienza e di cominciarne una nuova. Nella vita si ha bisogno di chiudere dei capitoli e di avviarne di nuovi».
Il capitolo che si sta chiudendo è quello dei 24 anni (dal 1995 ad oggi) durante i quali don Perini è stato impegnato con incarichi diocesani, come direttore dell’Ufficio catechistico, dell’Ufficio Scuola, segretario del coordinamento pastorale, responsabile dei Gruppi d’ascolto della Parola di Dio e, nell’ultimo triennio, anche come direttore della Scuola diocesana di Teologia “San Marco Evangelista”.
Per ringraziare tutte le persone con cui ha collaborato, in quest’ultimo quarto di secolo, don Valter ha scelto una frase di Antoine de Saint-Exupéry, l’autore del “Piccolo Principe”: “Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini. Prima risveglia in loro la nostalgia per il mare vasto e infinito”.
«È una frase emblematica e rappresentativa del mio pensiero e della mia filosofia di vita», spiega il sacerdote veneziano: «Ho sempre avuto avuto la convinzione, appresa dal Patriarca Cè e dal Patriarca Scola, che dall’organizzazione non nasce la vita, ma che la vita è dettata dalla vita stessa. E che solo da un grande ideale e da una grande passione sorgono l’energia e la possibilità di realizzare sogni. O, detto secondo una logica cristiana, chi ha un “per Chi” sopporta ogni “come”».
E questo questo è un esercizio che va rinnovato continuamente: «La passione va risvegliata di continuo, perché a causa della fragilità umana rischiamo di dimenticarci che dobbiamo riandare di continuo alla sorgente della nostra esistenza – che è una persona, quella di Gesù – e che dobbiamo di continuo risvegliare l’idea di fede che ci sta davanti, sempre un po’ lontana da noi ma mai troppo. È la stessa logica che cercherò di applicare con le persone con cui convivrò questo nuovo e credo ultimo tratto della mia esperienza di sacerdote».
A Santa Barbara, una delle parrocchie più popolose della Diocesi, don Valter si troverà anche a percorrere il cammino avviato da non molto tempo della collaborazione. In particolare con le vicine parrocchie della Gazzera e di Asseggiano. «La collaborazione – afferma il nuovo parroco – è nel mio dna: il lavoro diocesano mi ha sempre portato a collaborare e a far collaborare. Il futuro della Chiesa, d’altronde, sarà quello di lavorare insieme: non si possono tenere delle persone chiuse in orti chiusi. Dovremo avere pazienza, questo sì, perché si tratterà di avviare un processo, non di avviare progetti. Ho paura – ribadisco – dell’organizzazione che uccide la vita e dell’ingegneria pastorale. Bisognerà semmai capire gli orientamenti delle persone e soprattutto dei giovani e seguirli con sapienza e con coraggio; dovremo discutere insieme con la gente e i sacerdoti le modalità della collaborazione, che non deve diventare unificazione. La collaborazione deve invece salvaguardare la capillarità e il radicamento, perché quanto più saremo radicati, tanto più saremo in grado di collaborare: è l’ecclesiologia che ci ha insegnato il card. Scola».
Date queste premesse e questa visione della della vita, della Chiesa e dell’impegno pastorale, perché vale oggi la pena di essere cristiani? «Ne vale la pena – conclude don Valter Perini – perché essere cristiani ci rende più umani. Credere in Cristo non ci rende tanto migliori degli altri: questa sarebbe una presunzione inaccettabile. La persona di Gesù, semmai, potenzia la nostra umanità. Se noi comprendiamo questo sapremo davvero dialogare con uomini e donne, anche non credenti o distratti o in crisi di fede. Ho una visione positiva del mondo di oggi: penso ci siano le condizioni favorevoli perché, diversamente che nel passato, la gente accolga il Vangelo. Proseguiamo lungo questa strada».
Giorgio Malavasi