Le sue chitarre sono una fiaba di Collodi. Lui le partorisce e loro vibrano quanto le corde vocali di Pinocchio. Il mastro Geppetto di Favaro Veneto si chiama Marco Maguolo.
È l’unico liutaio veneziano ad animare chitarre classiche. Una sua Ducale, il suo pezzo forte, è finita in esposizione al conservatorio di Bruxelles. Un’altra, commissionata dal concertista Marco Zanatta, è un introvabile ibrido tra chitarra classica e liuto barocco da tredici cori e ventuno corde.
Per assicurarsi una sua creazione c’è chi è in lista d’attesa da due anni. Zero pubblicità. È tutto un passaparola tra musicisti, strimpellatori e collezionisti che pizzicano soddisfatti le corde dei suoi gioiellini.
Un mese e mezzo di lavoro per una chitarra. E non sono solo italiani. In coda ci sono messicani, statunitensi, coreani, giapponesi, francesi, svizzeri. Lui si arma di scalpellini e fioriscono sinuosità dal legno grezzo.
Lo fa nella rossa casetta favarese di via San Donà, quella che si affaccia alla rotonda di via Martiri e al principio di Carpenedo. A volte ci lavora fino alle 3 di notte, fino a quando la palpebra non ne può più di nascondersi.
Ci vuole almeno un mese e mezzo perché una sua chitarra veda luce. E lavora con un minimo di quattro strumenti contemporaneamente. È lì, davanti alla magia del suo scalpello, che i clienti sgranano gli occhi.
Il liutaio passa con loro ore ed ore per comprendere che tipologia di strumento vogliono davvero, per costruirlo a loro immagine e somiglianza. Alcuni, quando vengono da lontano, li ospita per una notte nella stanzina dove si corica quando fa tardi e non riesce a tornare a casa.
«È difficile per me chiamarli clienti. Tra noi c’è un confronto umano – confida il liutaio 43enne – uno scambio di storie personali. Quando vendi uno strumento vendi anche il rapporto che si è creato. Per questo è sufficiente il passaparola».
Nelle chitarre di Marco c’è la bifora di palazzo Ducale. Un passaparola di capolavori: «Zanatta, ad esempio, è un chitarrista classico che ama il repertorio barocco del Seicento e voleva uno strumento con cui suonare musica da leggere direttamente dal tetragramma, senza cambiare modalità di attacco della mano. Invece l’idea di avere una mia chitarra classica, che chiama italianità e venezianità nel cuore d’Europa, a Bruxelles, è motivo d’orgoglio: l’idea di un pronipote che possa andare lì a vedere la chitarra fatta da un suo antenato – fantastica mastro Maguolo – è veramente bello, una sorta di immortalità foscoliana», sorride.
E di venezianità le sue Ducali ne hanno da vendere. «Quando guardi la mia chitarra vedi Venezia». Gli indizi ci sono tutti (a partire dal nome), basta fare attenzione ai dettagli.
Nella rosetta, il perimetro del foro che penetra la cassa, è richiamata la bifora di palazzo Ducale. Il profilo della paletta, l’estremità dello strumento, è la silhouette della città lagunare al tramonto.
Il bordino nero che ne rincorre le forme evoca la gondola che danza in laguna. Il tallone, la parte del manico che incontra le fasce, fa il verso al naso della bauta. Nei filetti verdi, bianchi e rossi, invece, il richiamo alla bandiera italiana.
È la città stessa di Venezia che educa i nostri occhi». «Ho a cuore il mio Paese. Tengo a sottolinearlo nello strumento, come il gesto di un artigiano che riconosce all’Italia e a Venezia il fatto che se ha gusto per l’estetica e la forma lo deve al vivere in un Paese e una città bellissimi, circondato dall’arte. Io dico che è la città stessa che educa i nostri occhi».
E con lui Venezia l’ha fatto per bene, visto che questo mestiere (così come la sua estetica) se l’è inventato. Figlio di operaio e lui stesso operaio, a 27 anni si licenzia dalla fabbrica margherina che gli dà da vivere per seguire il suo sogno, costruire chitarre.
«Facevo il tecnico interno. Mi hanno dato tre anni di tempo per vedere se le cose funzionavano. E per fortuna hanno funzionato. Ho sempre saputo che avrei fatto questo lavoro».
Una sorta di chiamata? «Sì, sono stato incosciente forse a mollare tutto, ma è stata una cosa naturale».
«La prima chitarra ce l’ho ancora». Una vocazione che nasce nel seminterrato di casa Maguolo. Lì c’è un bancone con gli attrezzi, che serve a riparare le cose che si rompono in casa. «Da piccolo mi dilettavo lì. Poi mi sono appassionato di musica, a 15 anni. E con il tempo ho capito che sarei potuto essere più artigiano che musicista».
A 23 anni si arma di legno e libro fai da te «e costruisco la mia prima chitarra. Ce l’ho ancora. È una chitarra classica. È l’unica che mi sono tenuto».
Poi Maguolo frequenta il laboratorio del maestro Mario Novelli, la Scuola di liuteria di Milano con il maestro Pietro Cavalazzi e quella di Pieve di Cento con il maestro Marcello Bellei. Ora le sue creazioni possono costare dai 3.300 euro ai 4.800 euro. «Una fascia medio bassa» la definisce l’artigiano, considerando che nell’ambito della chitarra classica uno strumento storico, ad esempio, può arrivare a costare 300 mila euro.
Il lavoro non manca: ordini per due anni. «I liutai in Italia costano poco, in media. Eventi come Roma expo guitars hanno come obiettivo proprio il far riscoprire lo strumento italiano all’estero».
Eppure il maestro Maguolo di lavoro ne ha tanto. Se da oggi rifiutasse nuovi ordini continuerebbe comunque a lavorare per i prossimi due anni. Verrebbe quasi da suggerirgli di alzare i prezzi. «Ho passato gli anni della crisi indenne e la richiesta è tanta, è vero, ma questo avviene solo per chi sa inserirsi in questo mercato nel modo giusto. Devi essere per un venti per cento in pieno possesso della tua materia e per l’ottanta per cento capace di relazionarti con le persone».
E i colleghi come fanno? «La situazione è cambiata negli ultimi anni. A livello nazionale la qualità si è alzata, la vedo anche nei miei colleghi. A lavorare tenendo alta la qualità in Veneto siamo una mezza dozzina. In Italia superiamo la quarantina. C’è molta collaborazione e stima tra di noi».
Giulia Busetto