Coldiretti Venezia porta al Vinitaly le esperienze di una terra intrisa di tradizione e portatrice di innovazione. Degli 2.793 ettari coltivati a vigne in tutta la provincia da circa 800 imprenditori, si evince una grande vocazione in particolare nel nord della provincia sia ai bianchi che ai rossi. Tra le realtà emergenti i giovani che perpetuano un lavoro di intere generazioni sviluppando in chiave moderna una produzione classica.
E’ il caso di Erika Gasparini 25 anni e il fratello Marco 23 che con la riscoperta dell’Incrocio Manzoni Igt, insignito con il premio speciale all’edizione 2018 del Concorso Enoconegliano e il vino “Petalo Rosso” un Merlot Igt 2013 affinato 18 mesi barrique in rovere appena insignito come miglior Merlot nell’ambito della rassegna Rosso in strada 2019 a Roncade- Riconoscimento Fisar- fanno il loro debutto nel comparto vitivinicolo da neo imprenditori accanto ai genitori da sempre dedicati all’azienda. Oggi, anche le realtà viticole di piccole dimensioni, accettano la sfida della sostenibilità ovvero di una maggiore attenzione nel produrre in modo economicamente soddisfacente, ma rispettando l’ambiente e le persone che vivono nelle zone ad alta intensità viticola. Le aziende sono dunque orientate alla sostenibilità con produzioni integrate e biologiche.
Molti viticoltori ad, esempio, stanno sperimentando la messa a dimora di varietà innovative tolleranti all’oidio e alla peronospora. Tali cultivar permettono di ridurre drasticamente il numero di trattamenti di difesa (da 15 a 4) dando origine a vini perfetti sotto il profilo organolettico. Questi vitigni sono iscritti al Catalogo Nazionale delle Viti da Vino, negli elenchi regionali e possono accedere ai benefici economici previsti dai piani di ristrutturazione e riconversione viticola. Dunque l’attenzione non è più rivolta solo al blasonato Prosecco o al Pinot grigio che rappresentano sicuramente la punta di diamante della produzione che tuttavia usando le parole gli esperti di marketing si stanno avvicinando alla maturità di mercato- ma vi è una ricerca ai vitigni autoctoni e storici. Dal punto di vista agronomico è interessante vedere come stia prendendo piede, in viticoltura, una pratica abbandonata da decenni: il sovescio. Si tratta di coltivare negli interfilari essenze della famiglia delle leguminose le cui radici consentono di arricchire il terreno, attraverso il rizobio, di sostanza azotata e di apportare a fine ciclo notevole sostanza organica.
In generale comunque anche per chi pratica una coltivazione convenzionale tra i nostri viticoltori si sta diffondendo il concetto di “Viticoltura di precisione” che permette di valutare l’impatto delle concimazioni e dei trattamenti tramite immagini satellitari. I costi ad oggi sono ancora abbastanza elevati tuttavia l’interesse degli operatori è crescente e questo porterà ad una drastica riduzione dei costi di mappatura.
Il successo della viticoltura veneta e anche veneziana va ricercato soprattutto nelle capacità imprenditoriali degli agricoltori che sanno superare le difficoltà del mercato trovando sempre idee innovative.
Da non sottovalutare la nuova frontiera lagunare che oltre a costituire un bacino alternativo per i vigneti della Serenissima come la Dorona o le altre varietà come quelle piantate dai Frati Carmelitani Scalzi che nel loro convento in isola vendemmiano il vino realizzato con uve delle viti recuperate nella città di Venezia, c’è l’intuizione di molti agricoltori di mettere negli abissi botti o bottiglie. Pratica usata, ad esempio, a Sant’Erasmo per l’Orto di Venezia di Michel Thoulouze che mette sott’acqua ogni anno le sue annate migliori.
Di questo si parlerà anche nei quattro giorni del Vinitaly a “Casa Coldiretti”.