«La dipendenza che sta facendo più morti, in questo momento, è il gioco d’azzardo. C’è gente che si suicida. E il suicidio per gioco d’azzardo è il punto finale di un percorso in cui hai distrutto tutto quello che hai. Ogni tanto qualcuno sparisce e scopri dopo che era pieno di debiti e se ne vergognava fino a non sopportare più la situazione in cui si trovava».
Più dei morti per l’eroina gialla, la malattia del gioco uccide. Lo sostiene Nicola Gentile, medico del Serd, Servizio dipendenze, di Mirano, che opera nell’ambito dell’Ulss 3 Serenissima.
Che la morte, quasi sempre per suicidio, venga dal gioco d’azzardo non è un dato noto. In primo luogo perché i familiari tendono a coprire la tragedia, una vicenda per cui perlopiù ci si vergogna.
Eppure l’epilogo tragico non è un fatto eccezionale. E proprio per questo sottolinea la gravità di una patologia che, negli ultimi anni, è andata peggiorando.
Questo, ovviamente, perché è cambiato il modo di giocare. «Quando ho iniziato a fare questo mestiere, nel 1987 – spiega Nicola Gentile – ho conosciuto un eroinomane che, per procurarsi la droga, saliva in treno e andava a Milano. Ma quando a Milano non la trovava, riprendeva il treno e se ne andava ad Amsterdam. Insomma, per fare il tossicodipendente bisognava impegnarsi. Per il gioco d’azzardo vale la stessa cosa. Il primo giocatore che ho visto è uno che che era venuto per dipendenza da alcol; poi, però, si scopre che giocava. Partiva da Napoli per andare al casinò. E faceva come quei non pochi che riempivano gli autobus per andare a Nova Gorica a giocare».
Il salto di qualità è arrivato dopo: «È arrivato quando hanno iniziato a diffondersi le slot machines e non c’è più stato bisogno di spostarsi e impegnarsi. Il gioco arriva sotto casa di ciascuno di noi. E quando arriva sotto casa siamo tutti vulnerabili, nessuno di noi è al sicuro». E il rischio è ormai l’epilogo estremo.
Giorgio Malavasi