Gestire le proprie emozioni senza la protezione di un telefonino? Per gli adolescenti è una difficoltà crescente. Perciò anche un camposcuola è un’occasione preziosa per imparare a governare davvero le relazioni con i coetanei. Lo rilevano due catechisti e animatori, Stefania Corrò e Eugenio De Zotti, entrambi della parrocchia della Gazzera.
L’occasione di queste osservazioni è la Giornata di formazione per catechisti ed educatori, vissuta il 24 settembre scorso all’Istituto salesiano San Marco a Mestre. «Negli ultimi campi scuola – rileva Eugenio De Zotti – un po’ per necessità, perché dove andavamo il telefono non riceveva, un po’ per scelta e d’accordo con i genitori, abbiamo chiesto ai ragazzi di lasciare i cellulari a casa. E ci siamo resi conto che tante delle loro relazioni sono davvero mediate attraverso il telefono. Parliamo dei ragazzi delle medie: metterli insieme per una settimana, costringerli a fare delle attività insieme, stando a contatto, dovendo parlare perché non c’era modo di mandarsi messaggi, stando insieme ragazze e ragazzi…, tutto ciò tende a diventare una miscela esplosiva».
Si fa esplicita, insomma, una difficoltà sempre più marcata, negli anni, a gestire le normali relazioni. A maggior ragione per ragazzini per i quali il camposcuola è anche il contesto delle prime “cotte”, che non possono essere vissute virtualmente: si è tutti insieme, concretamente, in uno spazio ristretto.
Dopo due o tre giorni – conferma Stefania Corrò – vedi fatiche che non avresti pensato e le relazioni si accendono di tensioni. Poi, magari, entro la fine della settimana, certe difficoltà cominciano a sciogliersi e il camposcuola diventa una palestra che produce il suo frutto. Ci si abitua a vivere fianco a fianco per davvero. Prima, però…
«La spiegazione che ci siamo dati – riprende De Zotti – è che, probabilmente, gli adolescenti sono abituati a tutta una serie di filtri nella comunicazione fra di loro e nella comunicazione fra ragazze e ragazzi, per cui si sentono protetti da uno strumento – il cellulare – che fa loro da scudo. Noi non abbiamo una ricetta per questo problema; ci rendiamo conto, però, che questa fatica sta diventando più ingente anche nei semplici rapporti di amicizia fra adolescenti, non solo nella gestione di sentimenti più forti e dell’amore».
Giorgio Malavasi